Carissimi e carissime, ci rifacciamo vivi con questo blog perché nonostante tentennamenti e sospensioni, abbiamo ancora deciso di ripristinarlo e ridargli una seconda vita. Nel periodo non collegato sono successe tante cose sia ad Haiti come ai protagonisti della nostra missione.
A Ka-Philippe ora c’è un sacerdote locale, padre Gasni Lafortune, che è il nuovo parroco della missione di Ka-Philippe. Don Levi è rientrato in Italia perchè, per ora, si è deciso di concludere l’esperienza di sacerdoti Fidei Donum di Milano ad Haiti, pur restando aperti a dare disponibilità future, magari in altri luoghi di Haiti o in altre forme. Restano nella zona le nostre suore presenti a Mol Sen Nicola , suor Maristella, suor Gabriella e suor Rita. Resta presente con tutta la sua passione per i bambini “Sorgenti di Amore” Maddalena Boschetti con l’attività di Aksyon Gasmi a favore dei piccoli con disabilità. Resta presente la nostra Caritas Ambrosiana con la difficoltà a trovare operatori disponibili per continuare a seguire i progetti avviati e sostenuti in questo momento difficilissimo per la vita di Haiti. Resta presente Suor Luisa con il suo servizio in capitale come insegnante e come attenzione per i ragazzi di strada e quelli senza famiglia tra i quartieri più difficili e pericolosi di Port au Prince. Restiamo presenti noi tutticon la nostra solidarietà concreta, sempre ispirati dai sacerdoti Fidei Donum che hanno operato in quasi 20 anni di presenza e che non hanno mai smesso di tenere viva la premura caritativa per il popolo haitiano e che desiderano continuare a farlo. Don Noli Giuseppe, don Mauro Brescianini, don Giuseppe Grassini, don Claudio Mainini, don Herve Simeoni e don Levi Spadotto. In particolare sarà grazie a don Levi che terremo aperta questa finestra comunicativa e informativa che ci parlerà del nostro impegno per il Nord Ovest di Haiti, la zona più povera e sprovveduta della nazione. Ma ne approfitteremo per tenervi aggiornati su tutto quanto avviene nel mondo haitiano per supplire alla scandalosa assenza di interesse da parte dei mezzi di comunicazione verso questo martoriato, ma anche stupendo popolo caraibico.
DARE VITA AD HAITI
In tanti ci chiedono cosa si può continuare a fare soprattutto per la missione di Ka-Philippe con le sue 17 comunità e cercando di dare continuità il più possibile a quanto era stato operato da don Levi e don Herve. Vi riportiamo il testo di un depliant preparato da poco per diffondere la sintesi di ciò che è tutt’ora urgente sostenere. Abbiamo anche cercato di indicare alcuni riferimenti economici che danno l’idea di ciò che serve e di come contribuire.
VITA PER HAITI
Haiti è uno dei luoghi più poveri e tribolati della terra, tanto più in questi ultimi mesi dopo il terremoto dell’agosto 2021.
Tutto è più difficile con il crescere tremendo della criminalità sempre più potente e organizzata, con l’inconsistenza del governo che dopo l’assassinio del suo presidente ad opera di un commando di sicari colombiani dello scorso 7 luglio 2021, non ha trovato nessuno che lo possa guidare, rinviando ad oltranza le elezioni. Il regime di corruzione impedisce e fiacca ogni iniziativa e ogni progetto di sviluppo e scoraggia sempre più la solidarietà delle varie organizzazioni e gli stessi aiuti internazionali. A tutto questo si aggiunga la speculazione economica che ha fatto alzare il costo della vita riducendo gran parte della popolazione alla fame. Ci sono crescenti segni di insofferenza e ribellione tra il popolo e che fanno davvero temere allo scoppio di ulteriori tumulti e violenze che bloccheranno ancora di più la vita di tutti e causeranno tante vittime.
Gli alpini di Arcisate prepareranno una gustosa trippa da asporto il cui ricavato andrà a sostegno della missione di don Levi. Prenotatela al più presto, e diffondete l’iniziativa.
Dall’incontro online del 24 marzo abbiamo colto le grandi difficoltà in cui i parrocchiani di ka Philippe si trovano perciò rinnoviamo l’invito a donare, a rinnovare l’associazione per il 2021 (20 euro annuali) utilizzando il conto corrente dell’associazione, o direttamente il 10 aprile alla Lagozza, dove offriremo una porzione di trippa a chi verserà la quota associativa.
Carissimi soci e simpatizzanti, rimettiamoci in contatto! Anche se molte regole ci distanziano vogliamo provare a riunirci intorno a don Levi ed al suo impegno ad Haiti che non si ferma, e che proprio in questi mesi soffre per la mancanza delle risorse che nel corso degli anni siamo riusciti ad inviargli.
Ecco il link dove potete trovare i materiali dell’incontro
Carissimi e carissime, tutti voi che continuamente siete coinvolti da questa avventura missionaria haitiana e ne siete partecipi in tanti modi, auguro di vivere l’ottobre missionario come ulteriore occasione di rimotivare il vostro amore per l’annuncio del vangelo, soprattutto quello che risplende nella vita chi come voi non sta a bordo campo, ma entra in gioco e fa tutto quello che può per generare e alimentare la speranza.
Come noi tutti, anch’io ho appena incominciato a leggere con cura la nuova enciclica di Papa Francesco ed è davvero un dono poterla meditare in un mese come questo, ma già mi ha illuminato lo spirito, anche solo dal titolo.
“Fratelli tutti”… mi ha risuonato come il grido del gioco a nascondino quando l’ultimo ancora libero arriva, batte il colpo e dice: ”Liberi tutti”. Se davvero vediamo in ogni altra persona una sorella o un fratello, al di là del colore della pelle, del livello sociale, delle varie differenze che ci provocano e ci arricchiscono, siamo davvero liberi come lo sono i figli di Dio, liberi tutti, fratelli tutti!!! E pensate l’ironia del gioco, è l’ultimo che salva tutti, è l’ultimo dei fratelli che salva tutti gli altri, che li libera… Penso che sia un privilegio stare tra coloro che la società mondiale reputa tra gli ultimi, perché sono e saranno loro la nostra salvezza.
Fratelli tutti si può tradurre anche nell’amare tutti, vuol dire non avere paura di questo amore perché è lo stesso di Gesù anche se non sai fin dove e a chi ti porterà. Via i confini, via i limiti, via i pregiudizi, via le ideologie, via le etichette, via le diffidenze, via i nazionalismi e i partitismi … Fratelli tutti!!!!!
Ci teniamo informati sulla situazione che state vivendo in Italia e il picco di contagi che sono ricominciati a salire, proprio quando ormai si sperava di cominciare ad uscire dall’emergenza dei mesi scorsi. E’ proprio vero che adesso è il momento di imparare a convivere con il persistere del virus, tenerlo a bada mentre la vita deve comunque continuare e non restare in balia dei vari lockdown. Ma è facile a dirsi, eh?
Qui da noi, la catastrofe preventivata non si è verificata, non c’è stata quella devastazione che si temeva. Non più di 8800 contagiati, 7000 guarigioni e 229 decessi in tutto il territorio nazionale. Per me ha qualcosa di miracoloso, visto quello che è successo anche in altri paesi dei Caraibi o dell’America Centrale. Nella Repubblica Domenicana nostra conterranea i casi sono stati ben 115.000 con 2100 vittime.
Anche da noi si è deciso di riaprire le scuole a partire dal mese di agosto per arrivare a metà ottobre con la conclusione dell’anno scolastico interrotto da Febbraio. A novembre si riprende per l’anno nuovo.
Non c’è mai stato un vero lockdown, se non per le scuole e le chiese, tutto il resto è andato avanti quasi come se niente fosse. Nelle banche e negli uffici pubblici sono state adottate severe misure di controllo e l’obbligo della mascherina, qualcosa di più in certe zone della capitale, ma nelle zone rurali come la nostra, nessun controllo vero e proprio, ma grazie a Dio ci è andata bene almeno per ora.
Il problema, come già ribadito in altre occasioni, resta quello economico e sociale. Le grandi organizzazioni e tutti gli enti benefici che normalmente sostenevano progetti e iniziative e facevano girare un po’ di fondi, sono ancora abbastanza bloccate, visto che dipendono da paesi dove ancora oggi il virus sta furoreggiando come negli Stati Uniti. Nel Nord Ovest di Haiti, qui da noi resta ammirabilmente attiva la nostra Caritas ambrosiana soprattutto nel campo della malnutrizione dei più piccoli grazie alla collaborazione della Unione Europea.
C’è stato un periodo tra Marzo e metà agosto, dove il dollaro era salito alle stelle, fino a quota 122 gourde per dollaro. Questa aveva causato una fortissima svalutazione e un incremento esponenziale del costo della vita, soprattutto per i generi di prima necessità. Adesso il contrario il dollaro è stato deprezzato più del 50% arrivando a valere soli 62 Gourde. Sarebbe una buona cosa per il popolo haitiano se però al contempo i prezzi fossero calati nella stessa misura, ma non è così. Ad aumentare subito, ma a diminuire proprio no. Il problema è che il conto della missione che è in dollari ha visto perdere della metà il suo valore e così tante altre realtà simili. Una vera sberla economica per noi.
Così avevo iniziato l’ultima fase dei lavori per il Centro Parrocchiale, grazie alla seconda tranche di aiuti inviata dalla fondazione Lambriana, ma ho dovuto smettere perché tutti i bilanci e i preventivi sono stati stravolti. Speriamo che il dollaro si assesti ad una quota decente, utile un po’ per tutti.
Qui di seguito ecco il video che invece riassume lo stato dei lavori fino a questa forzata interruzione che proprio non ci aspettavamo.
QUALCHE AGGIORNAMENTO SULLA VITA DELLA MISSIONE
Dopo l’articolo di Maggio non vi avevo scritto ancora niente nonostante le solite buone intenzioni. Così sono successe tante belle cose nonostante i limiti legati agli effetti dell’epidemia.
LE FESTE PATRONALI
Abbiamo ripreso a celebrare con la gente e abbiamo potuto festeggiare i vari patroni nelle varie comunità.
Quest’anno è stato tutto in tono minore per la mancanza di mezzi e per la non partecipazione di amici e conoscenti che di solito provenivano da altre zone e anche dalla capitale. Nonostante l’intenzione di fare il minimo indispensabile, le varie feste sono bene riuscite, soprattutto per la celebrazione Eucaristica. Sono state ben 13 compresa la più importante nella chiesa madre di Ka-Philippe, nella Festa della Esaltazione della Croce il 14 Settembre.
Qui , dopo le foto viste sopra ecco un intenso video che prova a riassumere tanti bei momenti delle varie feste celebrate
Breve rapsodia delle varie Feste Patronali nel territorio parrocchiale di Ka-Philippe, Haiti
UN NUOVO CORTILE PER GIOCARE INSIEME, GRAZIE A DON HERVE
Il nuovo cortile della parrocchia davanti alla scuola
Tra le belle iniziative che sono servite anche per uscire dallo stress del lock-down, dopo mesi di assenza di giochi e attività in parrocchia, abbiamo organizzato un campionato di calcio a tre. Lo abbiamo pensato anche per valorizzare nuova sistemazione del cortile parrocchiale che serve anche per lo spazio ricreativo della nostra scuola. Don Hervè aveva ideato il progetto e lo ha realizzato con il contributo alla memoria di Fernanda e Nazzarena Colleoni. Oltre ad un bello spazio per il gioco, abbiamo risolto il problema del fango e della polvere che ritrovavamo dappertutto.
Cosi era nel 2016
Cosi nel 2020
Torneo di calcio a 3 nel nuovo cortile ristrutturato da don Herve
Pè Wilter
IL DONO DI UN NUOVO SACERDOTE HAITIANO PER KA-PHIIPPE. La bella novità per la missione è stata la scelta del vescovo uscente, mons. Antoine Paulo, di rispondere positivamente all’ipotesi di avere con don Levi un sacerdote haitiano, come coadiutore. Nel corso dell’ultima riunione con tutto il presbiterio diocesano del 12 agosto, dopo aver dato le consegne pastorali, lo ha fatto chiamare per dargli con un bel sorriso soddisfatto la bella notizia: “la commissione diocesana ha scelto di mandarti un sacerdote come aiuto, si tratta di Pè Wilter, in servizio a Mol Sen Nicola”. Dice don Levi:”Il bello è che non riconoscendo il sacerdote nominato, appena uscito, ho domandato al primo reverendo che ho incontrato: – Tu conosci Pè Wilter? Il vescovo lo ha scelto come mio vicario. Dovrebbe essere attualmente in servizio a Mol Sen Nicola.-. Mi ha risposto sorridendo: – Pè Levi, sono proprio io!!!”-. Così, con un bel abbraccio antivirus è cominciata la nostra avventura di fraternità”.
Questa scelta di avere a fianco di don Levi un sacerdote locale era stata accennata in uno degli ultimi colloqui con Mons. Paulo, dove don Levi mostrava di temere il momento di passare la parrocchia alla responsabilità del clero locale e confessando qualche bel limite dovuto alla differenza culturale e non solo. Viste altre esperienze del genere, il timore era di aver creato uno scompenso pastorale dovuto a delle inevitabili diversità di guida della comunità rispetto ad una gestione haitiana. Si aggiunge che poteva esserci il rischio di una certa assuefazione, quasi a dire che forse avevamo raggiunto il nostro limite, che più di così, un prete italiano da solo, non era in grado di far evolvere la situazione delle comunità.
Don Herve e don Levi durante la celebrazione delle Prime Comunioni a Ka-Philippe
Dice don Levi: “Secondo una prospettiva stabilita con don Maurizio Zago, responsabile del nostro ufficio missionario, al quale avevo ventilato anche questa prospettiva di un sacerdote haitiano con me, potrei restare ad Haiti fino al marzo del 2023, quando verrebbe a scadere il terzo triennio della convenzione. Ho quasi tre anni per vivere in comunione pastorale con un sacerdote locale e per arrivare pronti all’eventuale passaggio delle consegne senza causare traumi. Non è detto che nel frattempo emergano disponibilità di altri sacerdoti Fidei Donum di Milano a venire al mio posto o a condividere un tratto di cammino insieme come era successo con don Hervè Simeoni, sarebbe ottimo”.
Prime immagini di Pè Wilter che concelebra con don Levi
Don Levi ha affermato che “è davvero stimolante e promettente questa condivisione pastorale con Pè Wilter, è arricchente pregare insieme e portare avanti la pastorale guardandola con il suo stesso sguardo. Lui si concentrerà soprattutto sulla liturgia, la pastorale giovanile e scolastica, ma mi aiuterà anche a regolare certe questioni economiche nella linea della sensibilità haitiana e di un apporto economico sostenibile”.
Pè Wilter sa guidare benissimo sia la moto come la macchina e conosce naturalmente tutto il territorio anche se lui proviene da Bassen Bleu, confinante con la regione dell’Antibonite. Vediamo come, grazie a lui, si intrecciano sempre di più anche le collaborazioni o lo scambio di presenze con altri sacerdoti del presbiterio diocesano e non di rado passano da Ka-Philippe per restare a dormire una notte e poi ripartire . Così ci si confronta sulle varie modalità della pastorale e sulle prospettive di sviluppo della diocesi e anche la nostra visione della realtà haitiana si arricchisce e si allarga sempre di più.
Altri momenti significativi della vita delle nostre comunità
Il periodo tra maggio e settembre è stato ricco anche di altre belle occasioni per incontrare la gente, malgrado i limiti di sicurezza richiesti dalla norme anti-contagio. Abbiamo potuto celebrare sia i battesimi che alcune Prime Comunioni in qualche comunità. Malgrado le restrizioni sul numero di fedeli in chiesa, sono stati celebrati dei matrimoni e anche dei funerali. All’inizio abbiamo detto qualche no per precauzione, ma poi, vista la scarsissima, pressoché inesistente presenza del contagio, abbiamo ricominciato a celebrare con il concorso dei fedeli.
Resta nel cuore di tutti un momento toccante, quando abbiamo celebrato purtroppo il funerale di una carissima bambina, Nadialy, di soli 10 anni, nella vicina comunità di Vidy. Lei era nel gruppo danza ed era anche nel gruppo Kiwo (potremmo dire Scout cattolici haitiani). Era sempre tra le prime a presentarsi per ogni attività. Un aneddoto raccontato dal capo del gruppo Kiwo dice come lei amasse ogni creatura, in particolare si era affezionata a dei piccoli uccellini appena nati. Per questo per andare a prendere l’acqua alla sorgente, ogni giorno faceva inspiegabilmente il tragitto più lungo e faticoso pur di passare sotto quell’albero dove aveva scoperto il nido dei piccoli uccellini. Così poteva visitarli e vedere come stavano e come crescevano. Durante la celebrazione, al momento del ringraziamento, il gruppo delle amiche che danzavano con lei, le ha reso un ultimo commosso omaggio, danzando attorno alla sua bara agitando dei fiori. Vi rendo partecipi di queste forti emozioni con un video che mi è stato concesso da uno degli animatori.
La toccante testimonianza del funerale di Nadialy
Vorrei concludere questo contributo postando anche una storiella che ho già pubblicato per il notiziario di Arcisate, visto il mese missionario in corso, magari può offrire uno spunto in più per qualche animazione sulla missione. La sento molto come vera in un momento in cui sarei tentato di perdermi d’animo a causa dei grossi problemi economici del momento. Non sono mai stato così al limite come in questi tempi sconvolti dall’epidemia di cui noi ne sentiamo i pesantissimi riflessi a livello sociale.
UCCIDETE LA MUCCA!!!
Un profeta predicatore si aggirava tra i villaggi più poveri della zona. Affamato e assetato si fermò presso una poverissima capanna, dove lo accolsero con gioia un gruppo di bambine e bambine di ogni età che andarono subito a chiamare mamma e papà. I genitori riconosciutolo lo invitarono ad entrare e lo fecero sedere su uno sgabello sgangherato, il meglio che avevano. Il profeta non poté fare a meno di notare l’estrema povertà di quella gente e quasi quasi si penti di essere lì a chiedere qualcosa da mangiare e bere. La signora tutta premurosa gli offri un bicchiere di latte fresco e un tozzo di pane appena commestibile.
Lui accettò commosso e poi disse: «Siete veramente poveri, ma però avete il latte che è qualcosa di assolutamente raro da queste parti». «Si padre», rispose la donna, «non abbiamo niente se non una vecchia mucca che mungiamo ogni giorno per avere un po’ di latte. Una parte lo vendiamo e ricaviamo quel minimo per non morire di fame». «Volete un consiglio?» rispose il profeta. «Si certo, voi siete un uomo di Dio, e qualsiasi cosa ci direte noi la faremo» disse la donna con fervore. Il Profeta parlò con tono deciso: «Uccidete la mucca, oggi stesso!».
Malgrado la sorpresa e il dolore per dover uccidere la povera bestia che li aveva sostenuti da anni, decisero di obbedire perché questa era sicuramente la volontà di Dio.
Il profeta si alzò, benedisse tutti, anche la mucca che pascolava ignara dietro la casa e se ne andò. Dopo circa un anno il profeta tornò da quelle parti e volle visitare ancora quella brava famiglia che lo aveva accolto. Stentava a riconoscere la casa, risistemata e ingrandita. Nel cortile i bambini giocavano gioiosamente ed erano ben vestiti, c’erano animali da cortile, delle belle caprette, un bel maialone in un angolo riservato con tanto di fango per ruzzolarci dentro.
Una moto nuova era parcheggiata fuori dalla casa con uno dei figli più grandi che la stava lavando con cura. Appena lo videro gli corsero incontro, la signora più di tutti lo ringraziò e gli disse: « Veramente grazie, la nostra vita è cambiata da quando abbiamo obbedito alla sua voce, abbiamo ucciso la mucca e subito dopo trovandoci davvero senza niente, ci siamo dati da fare, ognuno collaborando, dai piccoli servizi fatti ai vicini, a intraprendere una piccola attività di mercato prima credito e poi con i soldi guadagnati, a cercare piccoli lavoretti in città e nei dintorni, un po’ di artigianato in casa per fare cesti e borse di vimini,…
Piano piano abbiamo capito che quella nostra cara mucca ci teneva legati a se, quasi schiavi del suo latte quotidiano, senza accorgerci che potevamo fare molto di più per uscire dalla nostra miseria!».
A parte la povera mucca che ci ha rimesso la pelle e non solo, direi che la storia è molto carina per dire che la rassegnazione è una brutta bestia come arrendersi alla propria miseria. Quando l’ho raccontata qui a Ka-Philippe ho percepito l’attenzione di tutti e anche qualche bel sonoro alleluia di approvazione.
Questa storia è un monito per me che come missionario potrei diventare come quella mucca e il mio impegno sociale come quel latte che da un minimo per sopravvivere, ma che non risolve il problema di fondo. Si tratta della differenza tra fare dell’assistenza e promuovere lo sviluppo, tra creare dipendenza o accendere lo spirito di iniziativa. Dipende come si guarda la persona, se la definisci un povero, povero resta, se lo vedi come una persona che ha capacità e un bel potenziale da esprimere, la povertà è già sconfitta in partenza, persona povera, ma non povera persona.
Vi auguro di concludere con forza e spirito questo mese missionario così particolare, mi affido alle vostre preghiere e al vostro buon cuore. Da qui non mancheranno le nostre preghiere e soprattutto la nostra benedizione
Un tempo Haiti era stata incoronata la Perla dei Caraibi per la sua bellezza e per il suo livello di accoglienza turistica, meta di famosi artisti, letterati e poeti di fama mondiale. Era il periodo del dominio francese, una ricchezza pagata dalla schiavitù degli haitiani. Poi, dopo aver ottenuto l’indipendenza, ci sono stati altri brevi momenti felici, tra gli alti e bassi provocati dai continui colpi di stato e l’avvicendamento di dittatori e le violenze annesse. Ho avuto occasione di vedere il famoso albergo Hotel Oloffson in stile coloniale che ha sempre dato alloggio personaggi famosi, ed è ancora in piedi a Port au Prince, resistito anche al grande terremoto e conservato in parte come un museo a ricordo di quei rari tempi tempo in cui tutto ad Haiti sembrava risplendere e attrarre. Ora Haiti ha ben altra corona, quella di uno dei paesi più poveri al mondo. Adesso è arrivato anche il Corona-virus tanto per non farci mancare nulla. Come stiamo vivendo questa drammatica situazione ad Haiti e in particolare nella zona della nostra Missione Fidei Donum ad Haiti?
Possiamo riassumere la situazione dicendo che in questo periodo si stanno sommando tre grossi problemi che insieme mettono ancor più a dura prova la normale lotta per la sopravvivenza quotidiana.
Controlli severi, soprattutto contro e a danno degli haitiani
Il primo problema è l’epidemia che ha raggiunto anche noi e comunque bloccato il paese e con il fermo di molte attività come nella maggior parte del mondo. Pur avendo per ora registrati solo 180 casi di persone prese dal virus e 15 decessi, non sappiamo se la realtà haitiana, così incontrollabile, nasconda ben altri numeri su una popolazione di almeno 9.000.000 di abitanti. Temiamo proprio di si. Pesa molto il blocco dei traffici commerciali specialmente con la adiacente Repubblica Domenicana che ha chiuso da due mesi le sue frontiere e gli Stati Uniti di cui tutti conosciamo il dramma attuale. Così ogni genere di prima necessità diventa sempre più introvabile e in balia del mercato nero e della speculazione.
Un secondo problema sempre legato all’economia è l’aumento del valore del dollaro sulla moneta haitiana, ormai siamo al cambio di 105 gourde per un solo dollaro americano così tutto costa di più perché tutto dipende dalla moneta statunitense.
Il terzo problema che affligge soprattutto il mondo agricolo dove la maggior parte delle famiglie trova normalmente, almeno in certe stagioni dell’anno un minimo di sostentamento, è la siccità che a varie ondate non ha permesso di trovare raccolto ormai da Novembre, anche dopo ripetuti tentativi di seminare, quando sembrava che un po’ di pioggia potesse dare speranza. Quindi niente raccolti, niente di niente da mangiare, se non acquistando a caro prezzo un po’ di riso.
Ennesima semina, ennesima siccità, ennesima sconfitta per il raccolto…. ma si continua, la pioggia arriverà….
Resta sempre meno per tutti
La buona manutenzione in attesa di rifare il tetto
Futuro centro parrocchiale e missionario a Ka-Philippe
Indimenticato don Hervè Simeoni
Gruppo Formiche al Campo dei Sogni
La situazione in missione. Io stesso come missionario dipendo, in quasi tutto ciò ho per vivere e per aiutare a vivere chi mi è affidato, dagli aiuti di amici e comunità dell’Italia. Il mio mensile è già interamente utilizzato per i bisogni della missione, ma copre una minima parte dei bisogni che ho trovato e trovo ogni giorno. I progetti programmati e già avviati, sono del tutto bloccati per mancanza dei fondi promessi vista la paralisi conseguenza del lock-down. Ho sempre gli amici della Associazione Levhaiti di Arcisate, gli amici di Desio con il Moving for Haiti, ho gli amici di Melzo, in particolare il gruppo missionario “Le formiche”. Poi altri amici che sono stati anche a farmi visita o che hanno condiviso con me la missione. Penso anzitutto a sacerdoti in primo luogo come il nostro don Hervè Simeoni e poi a don Marco Tagliabue, don Giampietro Corbetta. Ho sentito da poco anche l’ingegnere Bertani che avrebbe voluto venire ad Haiti per continuare i progetti legati all’acqua potabile sponsorizzati da Filomondo e che per ora deve aspettare il momento buono per farlo. Così anche la Rotary Club della Valceresio, gli alpini di Arcisate e Varese. Tutti costoro sono giustamente alle prese con la crisi italiana e non mancano di sostenermi come possono, ma per ora è molto difficile reperire fondi da inviarmi visto il blocco di ogni attività o animazione di solidarietà. Certamente non sono solo, nel senso che ho alle spalle la diocesi di Milano che mi ha inviato e sono sempre in contatto con don Maurizio e l’Ufficio missionario per vedere il da farsi. Possiamo immaginare che anche una diocesi grande e illustre come quella ambrosiana sia caduta in grossi problemi anche economici vista l’assenza di servizi, di possibilità per mettere in atto raccolte di solidarietà e campagne di sensibilizzazione. Ho visto l’appello di più parroci italiani a chiedere solidarietà ai fedeli per sostenere la vita della parrocchia in mancanza delle offerte che arrivavano dalle celebrazioni e dai vari servizi resi. A livello specificatamente missionario poi, se non sbaglio, sono aperte nel mondo una quarantina di missioni Fidei Donum ambrosiane come la mia e tutte con gli stessi problemi
Fino al prossimo mese ho ancora qualcosa da gestire, poi raccoglierò le briciole e poi non so. Sono preoccupato, ma anche fiducioso. Vivere in missione aiuta molto ad abituarsi a stare in bilico sul limite più estremo senza perdersi nelle vertigini dello scoraggiamento e dello sconforto. Ho imparato a vivere affidandomi, senza che questo non tolga nulla all’impegno e all’intraprendenza evangelica.
Prime prove di distanza “liturgica”….
Per il resto io sto bene, sia fisicamente che spiritualmente. Soffro anch’io per il fatto di non poter celebrare con il popolo, se non alla domenica con un piccolo gruppo sparpagliato tra le panche. Per il resto celebro da solo. Non posso girare tra le comunità, sia per le celebrazioni che per i vari servizi e resto “a casa” come indicato dai nostri vescovi e dal governo. Giovedì avremo una riunione con i vari responsabili delle comunità per vedere di mettere in piedi, anche per noi, una fase 2. Se mi ammalassi non troverei le cure adatte visto la mancanza di ospedali attrezzati. Inoltre anche i voli per l’estero e dall’estero sono ormai praticamente impossibili. Ho scelto di non partire quando due mesi fa era ancora possibile, quando i casi accertati erano meno di una decina, preferendo restare a condividere con il popolo haitiano questo momento difficilissimo. Pensavo che da qui sarei stato più utile e che bastasse, come finora è bastato, prendere le dovute precauzioni e stare prudenti.
Ho senz’altro più tempo per la preghiera e la riflessione il che non guasta proprio. Mi faceva riflettere una recente omelia di Papa Francesco sull’importanza di dare primato alla preghiera proprio perché sia Dio ad agire in ciò che facciamo e che facciamo in suo nome. Se c’è un spirito di Fede alimentato dalla preghiera e dall’ascolto della parola si può avere il dono della consolazione dello Spirito come direbbe l’amato Card. Martini, avere cioè la gioia di cogliere la presenza del Regno di Dio proprio nelle situazioni più umili e magari tribolate.Ed ecco un’altra Haiti “incoronata” perchè segno del Regno.
A questo proposito riflettevo sul fatto che proprio in questo momento più difficile e diremmo inadeguato, è finalmente fiorita ad esempio una azione verso i bambini portatori di handicap, che sono i più poveri tra i poveri da tutti i punti di vista. Ispirati e sostenuti dall’attività di Maddalena Boschetti denominata Aksyon Gasmi che opera in diocesi a partire dal centro di Mare Rouge, ho trovato una giovane infermiera, Navelie, disponibilissima a tuffarsi con amore e professionalità in questa avventura e l’epidemia non ha bloccato la sua iniziativa nel visitare le famiglie con i casi di bambini in difficoltà. Ne stiamo prendendo a carico diversi, giorno dopo giorno con il bel sostegno dell’associazione di Maddalena. Sono molto contento di questo perché è un fiore sbocciato alla faccia di tutte le difficoltà del momento. Da tempo Maddalena ci ha insegnato a chiamare questi bambini Sous Renmen, sorgenti d’amore ed è così. Questi bambini nascosti per vergogna e ignoranza cominciano ad avere un volto e un nome e soprattutto un aiuto.
Fanenry
Nailove
Obenji
Ifodie
I primi ad avere ricevuto le mascherine sono proprio i Sous Renmen
Il pacchetto dono quindicinale: olio, zucchero, riso e fagioli
Grazie Navelie, avanti con amore e coraggio
Miss Navelie in servizio…ma con le dovute precauzioni …
Sempre nel campo sanitario bisogna fare i complimenti a Chiara Catenazzi, operatrice della nostra Caritas ambrosiana, anche lei rimasta coraggiosamente ad Haiti a prestare servizio come coordinatrice della Caritas diocesana di Port de Paix. Grazie al suo lavoro tenace, alla sua esperienza con i non facili collaboratori haitiani, sono continuate sul territorio le azioni per combattere contro la malnutrizione dei bambini più piccoli e per sostenere l’opera dei dispensari locali. Grazie a loro, un’altra organizzazione che voleva dare una mano offrendo sementi per la semina, si è appoggiata all’organizzazione del nostro dispensario per recuperare una lista di beneficiari scelti tra i più poveri e i più malnutriti. Si può dire che sia l’unico segno di attenzione rimasto per la popolazione da parte di enti o associazioni. Altre onlus e organizzazioni si sono ritirate da primi di febbraio e hanno sospeso ogni servizio, come anche il governo che per ora non ha dato nessun vero segno di risposta ai problemi della popolazione.
La piccolissima Naomi
La piccola Naomi, ecco un altro segno del Regno. Alcuni giorni fa, la mamma di due chierichetti della parrocchia, si è presentata al mio studio portando in braccio un fagottino. Si trattava di una neonata abbandonata ad un incrocio tra la grande strada e un sentiero, vicino alla parrocchia. La bimba è stata partorita da una giovane donna demente, incapace di intendere e volere, che ha deciso di metterla in un sacco e abbandonarla al suo destino. Sarebbe morta se i suoi vagiti non avessero attirato l’attenzione di un passante. Adesso è stata accolta da questa nostra bella famiglia che abita vicino alla chiesa. L’hanno chiamata Naomi, bellissima come la famosa modella. La comunità ha deciso di dare una mano assicurando il costoso latte speciale in polvere per il suo nutrimento. Fra l’altro, la famiglia che l’ha accolta era appena uscita dalla tristezza del lutto per la morte del papà della mamma adottiva. Ora la vita e l’amore del Risorto è tornata a splendere nella loro casa con la gioia di tutti.
Qui da noi mancano le mascherine, anche se il governo le ha promesse, ma chissà quando le potremo avere noi del lontano e spesso dimenticato nord ovest. Un gruppo di giovani ragazze guidate da una sarta esperta, hanno deciso di organizzarsi per produrre mascherine fatte a mano, così nello stesso tempo si esercitano per apprendere l’arte della sartoria. Ne stanno realizzando un primo stock di 200 con il materiale procurato dalla parrocchia grazie ad un contributo inviato da don Hervè e utilizzando il locale della comunità e le tre macchine rimesse in sesto per l’occasione. Stanno lavorando alacremente e penso che diventeranno formidabili nel farne ancora tante altre e bene.
Un regalo faraonico. Una bella sorpresa, soprattutto inattesa in questo periodo dove in tanti vengono a trovarmi per chiedere un aiuto, anche solo un po di cibo perché non mangiano da un giorno o più. Il giovanissimo Olby, piccolo sacrista della parrocchia, si è presentato a metà mattina di ritorno dal solito giro mattutino per il controllo degli animali al pascolo . Teneva in braccio ciò che loro chiamano Pentad mawon, cioè una faraona selvatica difficile da prendere se non con trappole ben studiate. L’ha trovata impigliata in una delle sue e ha pensato di farmene dono. La mia cuoca ha fatto il resto e devo dire che era davvero squisita per il pezzettino che sono riuscito a mangiare perché inspiegabilmente il resto del povero animale se l’è pappato qualcun altro, ben gli faccia, vista la fame che affligge un pò tutti. Comunque ho apprezzato la gratuità di questo gesto più del buon boccone arrivato sul piatto. Bravo Olby!
Ora una storia triste che mi ha fatto soffrire non poco, una bella sfida per mostrare come l’amore di Gesù ci deve animare e ispirare. Un giovane della parrocchia, entrato in un giro di debiti o di cattivi affari, è stato scoperto da alcuni giovani collaboratori uscire dalla mia stanza con fare furtivo. Aveva trovato la mia chiave nascosta (non così bene evidentemente) che ne apriva il lucchetto. Sapeva che io ero impegnato al piano terra, nel mio ufficio a ricevere le varie persone. Il rumore della porta ha attirato i giovani che stavano risolvendo un problema informatico nella stanzetta accanto e che mi aspettavano per chiedermi dei consigli e pensavano che fossi stato io ad uscire dalla stanza. Lui, colto di sorpresa, se n’è andato di fretta ed è sparito dalla circolazione. Appena saputo, ho poi controllato e mancavano 8.000 gourde da una busta con 50.000 gourde che avevo nascosto nella cerniera di una valigia che ho trovato aperta e con i soldi in disordine. Non avrei voluto, ma la notizia si è propagata in un attimo fino a raggiungere gli haitiani della comunità residenti all’estero. Da qui la reazione del comitato che ha deciso di intervenire con forza e affidarlo al giudizio di un bravo giudice della zona, che prima di iniziare le indagini e il processo è venuto a trovarmi assicurandomi che avrebbe cercato di ottenere verità e giustizia, ma che tutto serviva perché il giovane prendesse coscienza del male fatto. Così lo hanno portato nella prigione del nostro comune a Jean Rabel per interrogarlo con calma e verificare altri fatti sospetti, visto che c’erano stati altri tre furti giù nel nostro ufficio parrocchiale di cui diventava ora il primo sospettato e visto che da tempo gestiva una quantità di denaro la cui fonte era inspiegabile. Lo scandalo però era più grave perché si trattava di un giovane inserito nella pastorale giovanile e nel gruppo liturgico, orfano di entrambi i genitori, accolto da varie famiglie e che anch’io avevo sostenuto per la scuola e altre necessità. La gente poteva dire ecco, sono tutti ladri quelli che bazzicano la parrocchia e se ne approfittano dell’ingenuo e buon padre Levi. C’è chi ha detto che rubare ad un bianco non è poi un crimine, anzi una sorta di giustizia per quello che i bianchi hanno fatto ai neri. Mentre era chiaro che il furto fatto a me, era fatto a tutte le nostre comunità, perché quei soldi servivano al bene di tutti.
Prigione haitiana, venditore di sigarette ai detenuti
Condizioni inumane delle prigioni haitiane
Per dirla in breve, visto che il giovane non mostrava una vera disponibilità a confessare anche perchè incapace di difendersi e argomentare, il giudice avrebbe deciso, secondo la legge haitiana, di mandarlo nella vera prigione di Port de Paix, almeno per un mese, se non per sei. Si sarebbe trattato di un vero inferno umano dove avrebbe certamente subito umiliazioni e violenze di ogni genere. Ho scritto una lettera al giudice, perché tutti mi sconsigliavano di presenziare di persona al processo, dove ho chiesto clemenza e ho chiesto di rimandarlo a casa dove la comunità si sarebbe fatto carico di vegliare su di lui e aiutarlo ad uscire da questo male. Gli avremmo chiesto dei servizi di utilità sociale per ricambiare il male fatto con il bene e per far risplendere la luce misericordiosa del Vangelo. Il bravo giudice ha acconsentito e il giovane ha restituito almeno gli ottomila gourde sottratti dalla mia stanza, ed è ritornato a casa dopo i cinque giorni di reclusione prevista nel carcere comunale.
Animazione dei giovani in parrocchia prima del lockdown
Due giorni dopo è venuto in parrocchia e mi ha abbracciato chiedendomi scusa e ringraziandomi commosso. Adesso si è deciso che stia discretamente a casa della famiglia di alcuni parenti e poi, ad acque calme, vedere come iniziare un cammino di recupero alla vita.
Partenza per il ritiro dei giovani in preparazione alla Quaresima, febbraio 2020
Ecco qui, secondo me, il Regno di Dio manifestarsi luminosamente proprio là dove tutto sembra perso e ottenebrato dal male, ecco le consolazioni dello Spirito là dove il Vangelo trova reale corrispondenza nella nostra vita quotidiana. Così trovo Haiti veramente incoronata perché segno e partecipazione del Regno di Dio.
Per concludere un video di repertorio dell’estate scorsa come augurio di poter rivivere al più presto la gioia di stare insieme e vivere tante belle esperienze anche con gli amici italiani…
È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce. Sal 35,10
Carissimi e carissime, riprendo a scrivere sul blog di Levhaiti, dopo molti mesi di aridità comunicativa e di una preoccupante pigrizia su questo compito che mi ha sempre entusiasmato. La situazione surreale e drammatica della pandemia attuale, costringe anche noi in missione a “restare a casa” e rispettare le direttive dettate anche dal nostro governo haitiano e dalla nostra diocesi. Pur avendo riscontrati e accertati “solo” 33 casi in tutto il territorio nazionale, si è deciso da tre settimane di chiudere le scuole, alcune attività commerciali, evitare assembramenti di persone, celebrazioni, riunioni e tutto ciò che può facilitare la eventuale trasmissione del contagio tra le persone. Si raccomanda di non circolare, ma per adesso non esiste nessun controllo ed è affidato al buon senso di chi ha capito il pericolo che corriamo. In effetti se i casi accertatati sono solo 33 si può supporre che molti altri siano restati nel sommerso di questa società così ingestibile e incontrollabile. La gente si ammala e muore e magari non sa nemmeno se per causa di questo virus sconosciuto. Da un altro punto di vista c’è sempre il rischio di chi vuole approfittarne, magari sfruttando gli eventuali aiuti inviati per sostenere l’emergenza per interessi personali. La classe politica haitiana su questo è poco affidabile. Mi piace pensare che questo ciclone infettivo ci sfiori solamente come è successo per gli ultimi grandi cicloni passati vicino a noi, ma che hanno scaricato la loro forza devastante in altri paesi limitrofi, soprattutto in questi ultimi due anni. Avevano sofferto già fin troppo con la devastazione dell’uragano Matthew dell’ottobre 2017.
Ad Haiti si teme una catastrofe, articolo di Alessandro Cadorin, operatore Caritas italiana Haiti
Se l’epidemia scoppiasse anche da noi sarebbe una strage vista l’inconsistenza del nostro sistema sanitario e l’estrema povertà della popolazione. Se volete c’è questo articolo di Alessandro Cadorin, coordinatore per Caritas italiana ad Haiti che è molto ben fatto e preciso: https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-04/ad-haiti-si-teme-una-catastrofe.html?fbclid=IwAR1dTYifSaC7bwrjji9OV_TQk3aqCp7SRBH6m7G_rF7uL-9IO9evmOjPd1c
In ogni caso il forzato rallentamento delle attività pastorali, mi offre tanto tempo per riflettere, pregare e anche scrivere. Sono molto coinvolto dalla drammaticità di quanto state vivendo in Italia e davvero non ho parole per commentare quanto sta accadendo. Ho trovato illuminante un testo meditativo trovato per caso mentre volevo riflettere sulla frase del Salmo 35, 10 citata come titolo: “alla tua luce vediamo la luce”. Lo scrive don Antonio Savone, un parroco dell’Arcidiocesi di Potenza, le cui omelie sono state pubblicate e apprezzate. Spiega la frase del salmo alla luce del mistero della Trasfigurazione:
Manca a tutti la capacità di leggere il reale oltre il mero accadere. È come se non avessimo il codice per interpretare ciò di cui siamo spettatori o protagonisti. E perciò finiamo per collezionare momenti, stati d’animo, esperienze senza riuscire a cogliere fino in fondo la loro valenza per il nostro cammino di uomini e di credenti. Era accaduto anche ai discepoli che pure hanno avuto la grazia di conoscere Cristo secondo la carne, attraverso la sua umanità. Questo accade soprattutto quando il presente si consegna a noi nel suo versante drammatico di buio, di assurdo, di negativo: non ci è dato scorgere l’oltre della pura fattualità. Per questo torna ogni anno l’appuntamento con quel mistero di luce che è la Trasfigurazione di Gesù. Come Pietro, Giacomo e Giovanni abbiamo tutti bisogno di un luogo e di un momento che ci faccia intravedere la bellezza che è sepolta in ogni cosa, in ogni esperienza, in ogni persona e ci permetta di leggere la storia, la nostra storia con un unico sguardo. Se acconsentiamo a lasciarci condurre in disparte dal Signore Gesù, impariamo a leggere tutto alla luce del suo volto. Che è proprio ciò che ci manca. Tutto, infatti, siamo abituati a misurare a partire dalla nostra prospettiva troppo angusta e dal fiato corto. Il Sal 35 ci fa pregare così: “alla tua luce, Signore, vediamo la luce”. E la vediamo anche quando, forse, siamo immersi nella tenebra. Alla tua luce impariamo a scorgere la vita non come un insieme insensato di eventi ma come quella realtà che pur tra mille contraddizioni attesta continuamente che Dio è fedele alla promessa. Alla tua luce intravediamo come nulla sia materiale di scarto; anzi, proprio ciò che volentieri rimuoveremmo, il Signore lo usa come pietra angolare. Alla tua luce gli altri con cui talvolta facciamo fatica a camminare, sono visti come l’occasione propizia a noi offerta dalla grazia del Signore, per imparare a compiere quel passo in più che altrimenti ci sarebbe precluso. Alla tua luce le zone d’ombra sono il punto da cui impariamo a gustare la grazia della luce. Alla tua luce le contraddizioni sono ricomposte e le ferite divengono il canale mediante il quale giunge a noi il flusso rigenerante della misericordia di Dio. Alla tua luce scopriamo che non è dato fermare il tempo: è necessario, piuttosto, riprendere il cammino nonostante le insidie e la fatica del viaggio. Alla tua luce impariamo a non rimuovere dal nostro sguardo lo scandalo della croce e ad assumerlo fino in fondo nella certezza che esso è già caparra di una nuova fecondità. Alla tua luce apprendiamo l’arte di stare nella vita come c’è stato il Figlio di Dio con uno stile di obbedienza. (Antonio Savone – fonte: A casa di Cornelio)
Per il contagio che salva….
Non avrei saputo trovare parole migliori per invitare tutti a “guardare alla luce” quella del Risorto, proprio adesso che le tenebre tentano di farci vedere tutto nero.
Ho pensato che un po’ della luce del Signore può trasparire anche da quanto vi sto per comunicare, per aggiornarvi sulla situazione della missione.
Grazie don Hervè
Un primo pensiero va a don Hervè con il quale ho condiviso quasi un anno di missione, da fine dicembre 2018 a Settembre 2019 e che è rientrato in Italia per motivi di salute. Con lui abbiamo tentato l’esperienza di un lavoro a due, mettendo in comune la mia competenza maturata da 4 anni di presenza nel territorio e la sua di Fidei Donum esperto con il servizio svolto per 10 anni in Cameron e 4 in Niger.
Quanto più passano i giorni dalla sua partenza tanto più avverto la profonda traccia che ci ha lasciato con la testimonianza del suo servizio generoso, intelligente e umile. Non nascondo che non ero poi così preparato ad una vita a due e non tutto è stato facile, per entrambi. La nostra prima forza è stata davvero la preghiera comune, uno degli aspetti che mi mancano molto ancora. Ho trovato tanta ricchezza e profondità nel modo di riflettere, proporre e vivere la missione da parte di don Hervè e sicuramente è stato rigenerante il contatto con lui. Se adesso ho la forza e l’entusiasmo per continuare come Fidei Donum ad Haiti lo devo tanto a questi mesi trascorsi con lui, al suo esempio, alle sue salutari provocazioni e ai suoi inviti per un salto di qualità come prete e come missionario. Ogni tanto ci scriviamo o ci sentiamo per aggiornarci sulla situazione, ma adesso si sa è un momentaccio per tutti, si tratta di vivere la pazienza del “restare a casa” e trovare la gioia di fare anche così ciò che piace al Signore.
Grazie a don Hervè abbiamo già ricevuto aiuti da benefattori sensibilizzati dalle sue testimonianze e dal suo vivissimo interesse per il bene della nostra missione. Ci stiamo ancora godendo il bel cortile della scuola realizzato con i fondi da lui trovati e soprattutto in memoria di Fernanda e Nazarena Colleoni. Un gruppo di adulti e giovani si stanno ormai perfezionando nell’uso della saldatrice che don Hervè ha portato dall’Italia e che ha insegnato ad usare facendolo diventare anche una attività redditizia per la comunità e per avere un utile per aiutare i più poveri. Stesso discorso per l’uso della macchina idro-pulitrice che funziona benissimo per il lavaggio di moto e di macchine. Sempre con don Hervè alcuni giovani hanno appreso l’arte della serigrafia e grazie al materiale procurato dall’Italia adesso sono in grado di stampare t-shirt da vendere o che sono richieste per avvenimenti celebrativi o campagne pubblicitarie di vario tipo. Sempre dalla sua sollecitudine abbiamo ricevuto aiuti per aiutare la semina compromessa dalla strana siccità dei mesi scorsi offrendo aiuto a più di 150 agricoltori della zona la possibilità di acquistarne Questi sono solo alcuni esempi di come la presenza di don Hervè continua ad essere sentita, concreta e amata. Grazie ancora don Hervè, o meglio, Pè Sove (padre salvezza) come la gente ha voluto amabilmente soprannominarlo, soprattutto apprezzando il suo forte spirito di Fede
Da Sinistra: Chiara, Elena, don Levi, Francesco e Davide
Grazie Caritas Ambrosiana Sento molto forte la vicinanza e la sollecitudine della nostra Caritas Ambrosiana soprattutto nella figura di Davide Boniardi responsabile per l’attività che si svolge in America centrale e latina. Era stato tra noi in visita dal 14 al 16 febbraio per accompagnare i due operatori del servizio civile, Elena e Francesco che vivranno il loro periodo di presenza e azione fino al gennaio 2021. Abbiamo così potuto precisare con lui le condizioni e i dettagli per il lavoro che Elena e Francesca dovranno svolgere qui da noi, in particolare a favore dei giovani, dei casi sociali più vulnerabili e come un aiuto per me a portare avanti i progetti locali presenti e futuri sostenuti dalla nostra Caritas Ambrosiana. Era con noi anche la nostra Chiara, impegnata come coordinatrice Caritas Ambrosiana con la Caritas diocesana di Port de Paix e riferimento locale per il progetto.
Tra gli argomenti si è parlato per progetto “Cassaverie” e come arrivare in tempi brevi alla sua definitiva realizzazione, sia a livello di struttura, sia a livello di fondi da reperire, sia a livello di avvio della sua attività. Per il momento la costruzione è arrivata alla base, il piano interrato che comprende una grande cisterna e una camera per il lavaggio della manioca sfruttando il forte dislivello del terreno che ha comportato un costo assai maggiore del previsto. Per arrivare al completamento abbiamo raccolto la bella disponibilità da parte della Rotary Club della Valceresio e di Varese a sovvenzionare il completamento del progetto. Qui dobbiamo ringraziare soprattutto il dott. Commercialista Giuseppe del Bene e l’avvocato Mauro Giardini. Poi però è piombato su noi tutti il disastro del Covid-19 che ha per ora bloccato ogni iniziativa. Speriamo che tutto possa riprendere nei prossimi mesi, dopo aver sconfitto il mostro invisibile. La partenza di Elena e Francesco ha dovuto essere decisa in pochissimo tempo visto il profilarsi dei blocchi aerei ed è così che dopo un bellissimo periodo di circa un mese dove abbiamo potuto apprezzare e stimare il loro stile di partecipazione, amore e servizio, ci siamo dovuti arrendere alla decisione del loro rientro in Italia fino a data da destinarsi. Carissimi Elena e Francesco qui tutti, soprattutto giovani e bambini, vi aspettano e non vedono l’ora di potervi riabbracciare. Mettiamo qui di seguito un piccola galleria di immagini che possono riassumere la bellissima esperienza del primo mese con la loro presenza.
Grazie don Marco Sto andando a ritroso nel tempo e arrivo al mese di Dicembre quando è stato tra noi don Marco Tagliabue che si è potuto concedere quasi un mesetto per stare con me e gustare dal vivo l’esperienza missionaria con un Fidei Donum.
E’ stato davvero un dono per noi tutti e soprattutto per me. Lui si è potuto immergere con assoluta gratuità e disponibilità nella vita della missione collaborando in tutto ciò che poteva fare e partecipando con passione ad ogni aspetto della nostra vita. Questo periodo serviva a lui come tempo di riflessione e confronto in vista del suo prossimo incarico pastorale nella diocesi di Milano. Ora è stato nominato responsabile della comunità di San Giorgio nella Comunità pastorale di Desio, anche se ha cominciato il suo servizio nel clima restrittivo e da quarantena del corona virus. Quindi con l’impossibilità di poter incontrare i fedeli ed entrare in pieno nelle varie attività pastorali sospese fino a data da destinarsi come in tutta la Chiesa ambrosiana e nazionale. Ogni tanto ci sentiamo e ravviviamo il bel ricordo dei giorni vissuti insieme. Io ho conosciuto e imparato a stimare don Marco quando è diventato prefetto presso la comunità delle medie in seminario a Venegono Inferiore di cui ero appena diventato padre spirituale. Lui era in IV teologia e io al primo anno come responsabile spirituale della piccola comunità delle medie.
E’ stato emozionante e gratificante rivederci guidati dalla provvidenza dopo tanti anni. L’ho trovato pieno di forza e profondità spirituale nonostante un periodo reso difficile per lui da incomprensioni e fatiche con alcuni responsabili diocesani. Mi sono detto ecco un vero prete ambrosiano, averne così… Lui ha dato prova di vera capacità di ascolto, e ogni occasione era motivo per lui di stupore e di interesse. Ne sono prova i tanti video da lui prodotti e diffusi. Ne metto qui alcuni, ma potete trovarli sul canale youtube. Ho riscoperto la sua simpaticissima abilità di intrattenere i più piccoli con esercizi di magia cosa che ha saputo stregare l’attenzione di tutti e reso più facile la relazione con i bambini malgrado il problema della lingua.
Davvero grazie don Marco, sarebbe bello se tu tornassi magari con un bel gruppo di volontari della tua nuova comunità animati dal tuo stesso genuino spirito missionario.
Il progetto Casa accoglienza e centro missionario parrocchiale
La presenza di Elena e Francesco per il servizio civile in parrocchia e un contributo provvidenziale inviato dalla nostra Caritas Ambrosiana proprio per creare condizioni di alloggio più agevoli possibile ci hanno spinto a fare un altro passetto in avanti nella realizzazione del Centro Parrocchiale, pensato sia come casa dei sacerdoti, sia come casa di accoglienza per volontari e collaboratori, sia come centro missionario per servire le 17 comunità sparse nel vasto territorio della parrocchia. Così abbiamo avuto l’opportunità di completare tre stanze con relativi servizi igienici e un minimo di impianto elettrico. Siamo così al 55% dell’intera opera e manca ancora un grande lavoro per il completamento della struttura con almeno un bilancio preventivo di 60.000 dollari.
I nostri sostenitori stanno facendo il possibile per accontentarci, ma ora con il blocco di ogni iniziativa e attività e la situazione terribile generata dalla pandemia tutto è nuovamente bloccato in attesa di tempi migliori, anzitutto per la nostra cara Italia. Con l’interessamento di don Maurizio Zago responsabile dell’Ufficio Missionario Diocesano di Milano si vuole chiedere ancora aiuto alla Fondazione Lambriana per vedere se è possibile un ulteriore contributo dopo quelli già inviati in questi anni. Gli amici di Desio conMooving for Haitivorrebbero prendersi cura della parte della casa che comprende la grande cucina comunitaria, il magazzino alimentare e il portico con i servizi connessi per l’attività della mensa. Ma adesso, anche per loro tutto dipende dall’evolversi del problema del Corona Virus e i tempi per tornare ad una ripresa economica e sociale che permetta di sostenere progetti di solidarietà come questo. Colgo l’occasione di augurare a Peppo (Giuseppe Sala) la piena guarigione dopo essere stato ammalato a causa del Covid-19
Siamo come sempre in mano alla Provvidenza e ciò che adesso mi preme di più é riuscire a portare avanti la vita di ogni giorno con le sue nuove necessità indotte dal negativo riflesso economico e sociale del Corona Virus. Temo che presto, ad Haiti, arriverà una crisi nazionale dove mancheranno i generi di prima necessità, per non parlare dell’aspetto sanitario che è già di per se un disastro come ben descritto dall’articolo di Alessandro Cadorin citato prima.
Quindi siamo alla ricerca di qualche aiuto per quanto sta per accadere e accadrà. Nel viaggio che avrei programmato di fare, come ogni anno, a Maggio, per un rientro in Italia, avevo già previsto di raccogliere dei fondi grazie all’attività di visita e animazione missionaria nelle varie comunità che ci sostengono, ma ora tutto questo è negato dalla situazione e dall’impossibilità di viaggiare. L’associazione Levhaiti di Arcisate e il Gruppo Missionario “Le Formiche” di Melzo hanno già dato le prime risposte nonostante i tempi difficili e so che non mancheranno di testimoniare ancora e poi ancora il loro amore per i poveri. Malgrado questo, i fondi rimasti dureranno poco, ancora per quasi due mesi e poi ci saranno problemi. Nonostante tutto devo dire che non sono angosciato, ho l’interiore certezza che tutto, prima poi, andrà per il meglio, nei tempi e nei modi che potranno sorprenderci… Adesso per tutti è prioritario far fronte comune al male di questa pandemia e sentirci davvero solidali e vicini. Ho molto più tempo per pregare e vedrò di non farmi sfuggire questa prima risorsa fondamentale per il bene di tutti: “alla tua luce vediamo la luce”.
Auguri , che la Pasqua continui, che sia per tutti un nuovo inizio, una vera risurrezione dopo questa prova tremenda e crocifiggente.
Haiti chiama, ha bisogno di attenzione e cura, non si può abbandonarla al suo destino, lasciarla sparire nel marasma comunicativo che tutto appiattisce e tutto passa veloce senza lasciare traccia nella mente e nei cuori. Dobbiamo davvero farci voce di chi non ha voce. Se non ne parliamo noi che l’abbiamo tanto amata e la amiamo chi ne parla oggi? C’è stato però qualche buon richiamo su alcune testate giornalistiche come Avvenire che ha tratteggiato la desolante e terribile situazione in cui vive la popolazione haitiana. Abbiamo trovato anche vari articoli legati a realtà che si occupano di missione e attenzioni caritative. Vediamo di riportare qui gli articoli più significativi e continuare poi ad essere aggiornati e aggiornare chiunque ha a cuore questo martoriato angolo di mondo nella splendida zona dei Caraibi.
Cominciamo da questo articolo pubblicato qualche mese fa, ma purtroppo ancora attuale perché la realtà nel frattempo non è cambiata, anzi peggiorata.
Vi comunichiamo una bellissima iniziativa che è urgentissimo diffondere alle persone che conosciamo e che hanno a cuore di offrire un aiuto concreto per il popolo haitiano. Vi alleghiamo qui sotto la locandina-video dell’evento sperando in una grande partecipazione .
VI aggiungo la parte del volantino che avevo pubblicato nel numero scorso VITA PER HAITI dove si parla dell’aspetto sanitario
Ringraziamo la Compagnia IdeeinscenaDesio con l’amico Andrea Pizzi che la dirige, gli amici e le amiche di Levhaiti di Arcisate, il Mooving operazione Haiti di Giuseppe Sala (Peppo) e lo stupendo gruppo giovanile missionario “Le Formiche” di Melzo
NWEL LA SAN LIMIT YO IL NATALE SENZA LIMITI
Superare i limiti si può, ecco la sensazione che provo nell’essere immerso in tanti bei lavori che cambieranno la qualità della vita dei nostri parrocchiani haitiani… Quando ho iniziato a Dicembre del 2015, vedevo come un limite tutti gli edifici semi-diroccati a causa di una quindicina di anni di abbandono, i tetti scheletriti con qualche pezzo di lamiera arrugginita miracolosamente rimasta su e in balia dei colpi di vento che componevano l’abituale sinistro concerto notturno di scricchiolii, attriti metallici e i vari tam-tam di parti penzolanti che sbattevano tra loro. Mi dicevo: beh, adesso inchiodiamo bene quella lamiera, evitiamo che quel muro crolli del tutto in attesa di metterci mano sul serio, togliamo dalla vista tutto il materiale sparso a terra e in ogni angolo, mettiamo un po’ di terra e ghiaia da dove si formano pozze d’acqua e fango nel cortile… così ho cominciato a far qualcosa, superare qualche limite nel piccolo di quanto potevo fare e far fare… Da allora tanto è stato fatto e mi sembra incredibile constatare tutti i progressi raggiunti… Gli edifici parrocchiali rimessi in condizioni dignitose e solide, tetti, muri, armadi, banchi, lavagne, sedie, servizi igienici, un minimo di abitabilità per me sul retro della chiesa, con due stanzette e un cucinino, poi l’ufficio parrocchiale e l’ufficio per il sacerdote, le due cisterne sotto la chiesa rimesse in sesto, più una nuova per la scuola, lo spazio cucina per la mensa scolastica e le riunioni dei gruppi o le feste. Il nuovo tetto del dispensario, il sistema con i pannelli solari e le batterie per dare la corrente… e poi quattro chiese ricostruite dopo i disastri combinati dall’uragano Matthew, altri tre dispensari riaperti e risistemati nelle zone più remote del territorio parrocchiale, l’avvio delle tante attività caritative, come il magazzino alimentare per sfamare i più poveri, il progetto caprette, il progetto Selfina con le adozioni a distanza, il servizio sanitario a domicilio, la formazione di operatori Caritas distribuiti in tutte le 17 comunità della parrocchia. Poi c’è tutta l’attività pastorale che si è sviluppata in diverse direzioni, in particolare quella formativa per i responsabili delle comunità e dei gruppi, la scuola della Fede per gli adulti, gli incontri mensili per i leader dei giovani, il gruppo Kiwo ormai presente in tutte le 17 comunità….
Non avevo proprio idea di poter arrivare a tanto e non era una strategia così facilmente programmabile a priori. Gran parte di quanto si è fatto era legato alla provvidenza. Se ho imparato qualcosa finora da questa missione è davvero l’affidarmi a Dio e alla sua opera nei cuori di chi si è messo in gioco per aiutare la nostra missione.
Un altro guadagno è che se vedo dei limiti, mi sento portato a superarli e a farli superare. Non mi fascio la testa con i ma e con i se, mi dico: prima o poi ci riuscirò, prima o poi con l’aiuto del Signore e di chi ci vuole bene troverò mezzi e modi, ne sono certo! Proprio vero che I limiti non sono un ostacolo, ma un invito, una sfida, una opportunità.
In questo momento della vita di missione stiamo per realizzare tre grandi obiettivi, impensabili due anni fa. Il primo è dare l’acqua potabile a Ka-Philippe e far fare all’acqua di sorgente 3,5 km di percorso, per un dislivello di circa 350 metri, con pompe azionate dall’energia solare. Il secondo è un progetto di sviluppo agricolo sostenuto e promosso insieme alla nostra Caritas Ambrosiana con la creazione di una “cassaverie” per la lavorazione della manioca amara che ha il suo habitat ideale nella nostra zona e che coinvolge centinaia di nostri contadini. Il terzo è il completamento della costruzione della casa parrocchiale, iniziata l’anno scorso, che diventerà un centro missionario e base di appoggio per accogliere sacerdoti, missionari, volontari e operatori.
ACQUA POTABILE, DA KABONET A KA-PHILIPPE
Ci siamo, ormai il più è fatto, se Dio vuole, per Natale avremo l’acqua a Ka-Philippe. C’erano tre bacini da costruire, tre chilometri e mezzo da scavare, con un canale profondo 60 cm e largo trenta per interrare i tubi di portata. Un chilometro e mezzo è stato scavato dagli stessi proprietari dei terreni attraversati con un giusto compenso, ma gli altri due chilometri per arrivare fino al bacino di distribuzione situato sulla collinetta davanti alla chiesa è stato fatto gratis dalla popolazione stessa, cattolici, protestanti e perfino gente vuduista. Io ho procurato il pasto quasi ogni giorno, ma alcuni giorni sono stati loro stessi a offrire e cucinare il cibo. Non si era mai visto questo lavoro di insieme, le chiese tra loro, i vari gruppi religiosi e civili. L’acqua sarà davvero un dono e la vita per tutti.
Mancano i dettagli per finire di istallare e connettere le pompe, i pannelli fotovoltaici, e fare poi le prove di collaudo, ancora una quindicina di giorni e potremo vedere l’acqua uscire dai rubinetti di Ka-Philippe. Sarà una festa per tutti! Ringraziamo ancora gli amici di Filomondo con l’ingegnere Bertani, gli Alpini di Varese e Arcisate, gli amici di Desio e gli amici Levhaiti di Arcisate. Nel complesso un progetto che arriverà a costare circa 60.000 dollari o poco più, ma ben coperto dagli aiuti ricevuti.
PROGETTO “CASSAVERIE”
Dopo l’uragano Matthew, che nel 2016 ha provocato distruzione e danni ingentissimi, la nostra Caritas Ambrosiana è intervenuta per dare una prima risposta alle varie emergenze. Finita l’emergenza più grave, si è deciso di contribuire a favorire progetti di sviluppo. Uno di questi è stato individuato come progetto “Cassaverie”, cioè favorire la produzione della Cassave che è una specie di focaccia prodotta con la farina di manioca, della qualità più preziosa definita “amara” (se non cotta e trattata, ha una certa tossicità). La zona è infatti assai favorevole alla coltivazione della manioca amara, ci sono centinaia di agricoltori interessati e che stavano per perdere la tradizione di questa coltivazione a causa della difficoltà della lavorazione del prodotto. La manioca è invece un tubero che resiste alle intemperie e ai capricci del meteo, può essere la base per diverse produzioni alimentari e se trasformato in farina si conserva a lungo e può colmare il deficit alimentare della vita delle famiglie che vivono e sopravvivono di ciò che riescono a coltivare. Le coltivazioni di mais, patate e fagioli spesso sono messe a rischio dalle variazioni di clima, soprattutto in caso di periodi di siccità o di maltempo, mentre la manioca resiste.
Si è costituito un comitato, si è fatto un censimento degli agricoltori interessati e con loro ci sono stati sia incontri formativi che visite campione ai terreni. La Caritas diocesana di Port de Paix è stata coinvolta in collaborazione con la nostra Caritas di Milano, grazie alla mediazione dei nostri operatori italiani presenti sul posto, tra cui Francesca e Chiara. Ci sono stati incontri formativi per discutere e definire il progetto con la presenza di esperti, di un agronomo, Fritz, in servizio nello staff haitiano di Port de Paix.
La situazione delle coltivazioni è ancora buona, anche se in alcuni terreni andrebbe ripristinata la semina e la cura delle piantagioni. L’idea è di costruire un magazzino-laboratorio a Ka-Philippe, con macchinari atti alla lavorazione del prodotto: pelatura, frantumazione, essiccazione, trasformazione in farina e poi la produzione delle focacce con un forno per la cottura. In seguito c’è da confezionare il prodotto e la spedizione e trasporto nei centri di mercato interessati.
La cassave secca è molto amata dagli haitiani e tutt’ora la domanda è alta e non trova risposta sufficiente, lo spazio di mercato è assai promettente e proficuo.
A questo si aggiunge che la farina può essere distribuita a prezzi favorevoli alle famiglie per la produzione di polenta o di pane. Tutta l’attività del magazzino darebbe lavoro a parecchie famiglie e garantirebbe un introito a tutti gli agricoltori.
Nel progetto c’è spazio anche per attività formative per gli agricoltori stessi e per creare un fondo in caso di malattia o di incoraggiare la coltivazione e la sistemazione dei terreni.
La Caritas diocesana crede molto in questo progetto, insieme a don Levi e la gente di Ka-Philippe. Su 17 comunità che formano la parrocchia, ben 14 sono coinvolte direttamente nel progetto, con più di 200 coltivatori già attivati e pronti a rispondere all’iniziativa.
I costi previsti sono come minimo sulla cifra di 25.000 euro, ci attendiamo una bella risposta dalle nostre parrocchie ambrosiane che hanno scelto questo progetto come iniziativa caritativa del tempo di Avvento, ma si conta di trovare anche qualche altra risorsa per garantire la piena realizzazione del progetto e della sua gestione.
In questi giorni si sta provvedendo ad iniziare la costruzione dell’edificio (circa 10.000 euro) e il reperimento dei macchinari utili (almeno 10.000 euro), per poi passare ai costi di avvio della produzione con l’acquisto della manioca, l’assunzione di operai operaie…
Schizzi dell’edificio da realizzare
Come si può intuire dai disegni, l’edifico sarà molto semplice, dalle dimensioni di mt 12 x 7, con due lati porticati, un ufficio, un deposito
dav
materie prime, un deposito prodotti pronti per la vendita, una grande sala per la lavorazione che conterrà i macchinari e il forno per la cottura, un servizio igienico, una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana nelle fondamenta, il
tetto in lamiera.
Contiamo di realizzare la costruzione restando nella cifra di 12.000 dollari US. PROGETTO CASA PARROCCHIALE
Il progetto per costruire la casa parrocchiale e centro accoglienza di Ka-Philippe chiede ora di entrare nella seconda fase per arrivare alla sua completa realizzazione. L’urgenza per completare l’opera è anche dettata dall’arrivo di un altro sacerdote Fidei Donum don Erve che affiancherà don Levi ed è già presente ad Haiti e che per ora resta di base a Mare Rouge per conoscere meglio la lingua locale, ma da fine gennaio sarà in pianta stabile a Ka-Philippe. Ogni tanto però trascorre già qualche giorno anche a Ka-Philippe per visitare la parrocchia e organizzare il futuro lavoro pastorale con don Levi. Inoltre è ancora più forte l’esigenza di offrire accoglienza ai gruppi di volontari che sempre di più chiedono di venire in missione per offrire il loro servizio e la loro solidarietà
Il lavoro svolto finora è stato lo smantellamento delle parti inutili del precedente edificio pensato come officina meccanica, il consolidamento di quanto rimaneva e di utilizzabile, la creazione di altri spazi con nuove fondazioni e una primo livello di costruzione per arrivare alla soletta. Si è creata la strada di ingresso per l’accesso ai cortile e al garage. Sono state già scavate le fosse perdenti per lo scarico di bagni e toilette. Nella struttura sono già stati predisposti gli impianti idraulici e quelli elettrici. E’ stata realizzata e finita una delle due cisterne previste per la raccolta dell’acqua piovana. Per circa mezza costruzione è già stata realizzata la soletta superiore in cemento armato.
In questa seconda fase bisogna finire la soletta nella parte restante della casa, soprattutto nella zona delle camere. Sono da realizzare i portici, la struttura in travi di legno e la copertura del tetto in lamiera, i pavimenti, la piastrellatura di pavimenti e bagni, la collocazione dei sanitari. Manca di scavare un dei tre pozzi perdenti necessari e ultimare la loro copertura in cemento e la connessione ai sanitari. Manca di finire una delle cisterne (quella che servirà al servizio cucina) e di portare a termine il sistema idraulico e quello elettrico. L’energia elettrica sarà fornita da una decina di pannelli solari (già in possesso) che alimenteranno 16 batterie e un generatore di corrente a benzina o diesel. Poi c’è da procurare l’arredamento per le 5 stanze, le tre sale, la cucina e i due depositi.
Per i lavori vengono impiegati quotidianamente circa 20/25 operai più 5 capomastri esperti e un direttore dei lavori. Un manovale costa 400 HTG al giorno (4,5 €), un capomastro 800 HTG (9,5 €), il direttore lavori 1200 HTG (13,5 €). In più si da mangiare e da bere a tutti con un costo di 70 HTG a testa al giorno (0,90 € c.a). Il trattamento economico è quello che normalmente è in uso in questa zona di Haiti.
Finora sono stati spesi circa 50.000 euro, in gran parte finanziati dalla Fondazione Lambriana con la mediazione del nostro Ufficio Missionario di Milano (contributo di 40.000 € ). Una volta terminati questi fondi ci siamo fermarti per alcuni mesi in attesa di avere altri aiuti.
Per finire di realizzare l’opera occorrono almeno altri 60.000 euro. Alcune varianti necessarie non previste e il lievitare del costo del dollaro americano da cui dipende in gran parte l’economia haitiana e quindi il conseguente aumento dei costi delle materie prime ci ha costretto a rivedere il preventivo originale (circa 85000/90000 dollari) per un aumento di 20.000/25.000 dollari.
Abbiamo chiesto ancora un contributo alla stessa Fondazione Lambriana che ci ha già così gentilmente e generosamente sostenuti in questa e in altre necessità e che ha da poco deliberato la somma di 45.000 euro. Stiamo chiedendo ad amici e ad altre realtà sensibili alla solidarietà missionaria e sicuramente potranno aiutarci a completare l’opera.
AMICI, OLTRE I LIMITI
In questa lunga assenza del contributo sul blog sono passati diversi mesi e nel frattempo sono successe tantissime belle cose di cui parlare con gratitudine. Tra queste però vorrei sottolineare la visita nel mese di luglio del mio parroco di Arcisate, don Giampietro accompagnato da una coppia di giovani sposi, Andrea e Miriam. L’esperienza con i giovani caritas dei cantieri della solidarietà che hanno svolto un servizio di animazione per i bambini dal 5 al 12 di Agosto. Poi dal 23 agosto la visita di mio fratello Carlo con l’ingegnere Bertani Giuseppe. Poi ancora la presenza di due giovani del gruppo missionario “le formiche” di Melzo, Roberto e Lisa, che hanno trascorso con noi quasi un mese. Poi una fugace ma preziosissima presenza di un benefattore e amico di Desio, Ernesto.
Don Giampietro, Miriam e Andrea
Non avevo ancora accolto per così tanti giorni un gruppo di amici italiani. Ero un pochino preoccupato di seguire gli amici, farli sentire a loro agio, malgrado la povertà e la frugalità della situazione. A don Giampietro ho dato la stanzetta degli ospiti, a Miriam e Andrea la mia stanza che ha un lettone ad una piazza e mezza e io ho ricavato una stanzetta provvisoria nel sottotetto della chiesa. Sono stato davvero sorpreso dalla loro capacità di adattarsi e anzi prendere gusto da una vita così semplice e povera di confort. Una vita davvero in comunione, sotto tutti gli aspetti, dalla preghiera ai servizi di casa, dalla condivisione con i poveri al servizio pastorale. Don Giampietro ha dato saggio della sua prestanza fisica giocando e facendo giocare il gruppo nutrito di bambini, bambine e giovani che affollava ogni giorno il pomeriggio della parrocchia. Andrea e Miriam organizzavano e animavano con lui tutte le belle iniziative, dai giochi organizzati alle attività di laboratorio, un vero e proprio GREST ambrosiano riproposto nel cuore dei Caraibi. Miriam inoltre ha utilizzato la sua nota esperienza e professionalità nella musica, per insegnare ai giovani interessati un metodo per suonare utilizzando non solo l’orecchio, ma anche la lettura degli spartiti. Andrea, ha potuto invece mettere a frutto la sua professionalità come infermiere specializzato, curando dei malati, facendo da pronto soccorso per vari incidenti, collaborando con i nostri dispensari. Con don Giampietro (detto “Jampye” ) ho potuto condividere il servizio pastorale, lui stesso ha potuto amministrare dei battesimi con tanta emozione, ed ha superato il limite della lingua riuscendo a proclamare il vangelo della domenica in lingua creola. Uno dei modi di dire di don Jampye durante i giochi, quando sottolineava che si era arrivati al punto finale, match point, è diventato subito e lo è ancora adesso un ritornello durante il gioco. Abbiamo chiamato così, match point, l’iniziativa nata dal dialogo tra noi, di creare un dopo scuola per i bambini, per aiutarli a fare i compiti e svolgere qualche bella attività espressiva. Così, dai primi di ottobre è iniziata l’esperienza con circa 60/70 ragazzi e ragazze che ogni lunedì, mercoledì e venerdì vengono in Parrocchia per studiare insieme, guidati da un professore “Fredo” e un giovane e brillante futuro universitario Jean Michel. Don Giampietro con i volontari del CAG di Arcisate sostiene l’iniziativa
con un contributo mensile
Letizia, Stefania, Serena, Alberto, Meraf, …. Cantieri della solidarietà
La caritas ambrosiana organizza ogni anno dei tempi di servizio per i giovani durante il periodo estivo e quest’anno abbiamo avuto la gioia di averli anche qui a Ka-Philippe. Letizia, che opera a Port de Paix con progetto Kay Chal ha coordinato il tutto ed è stata qui tempo prima per vedere l’ambiente e decidere ogni dettaglio organizzativo e pratico. Così è venuta con quattro giovani che hanno aderito ai Cantieri della Solidarietà: Stefania, Serena, Alberto e Meraf. Non solo, ma con loro sono venuti anche 5 giovani volontari haitiani che collaborano e animano a Port au Prince per offrire assistenza e servizio ai bambini di strada o appartenenti a famiglie disastrate. Qui il gruppo, nonostante le diversità, il problema della lingua e il fatto che non si erano mai incontrati prima, si è amalgamato subito e ha saputo valorizzare l’apporto dei miei giovani animatori presenti nelle due cappelle servite di Moustik e di Boukan Patryot e a Ka-Philippe. Sono stati coinvolti più di duecento tra bambini, ragazzi e ragazze e almeno una trentina di animatori del posto. Ogni giorno divisi in due gruppi, uno a Moustik e uno a Boukan, il viaggio in moto o in Jeep, l’accoglienza, la preghiera, i giochi e le attività e un buon panino con il mamba. Poi a casa per il pranzo intorno alle 13-30. Il pomeriggio animazione a Ka-Philippe dalle 16.00 alle 18.00. Abbiamo trovato posto per loro in una casa vicino alla parrocchia gentilmente prestata da un haitiano che vive in Canada. Alla fine ci siamo lasciati con lacrime di commozione e il grande desiderio che l’esperienza non finisca qui. Ancora oggi, a mesi di distanza, i bambini nominano questi giovani animatori e di certo non li hanno dimenticati.
Carlo e Giuseppe
Che emozione ad avere con me il mio fratellone Carlo. Non avevo dubbi che si sarebbe subito messo in sintonia con la situazione e che avrebbe dato tutta la sua disponibilità per ogni tipo di servizio, e così è stato. Carlo, con sua esperienza di operatore nel campo della meccanica e delle macchine utensili è stato provvidenziale per insegnare ai miei operai haitiani l’uso delle attrezzature arrivate con il container per la parte idraulica degli impianti per l’acqua potabile. Dal filettare i tubi, all’uso del trapano per i fori di passaggio delle viti, al montaggio delle strutture con i morsetti, al taglio dei tubi… Nel tempo libero ha sempre dato spazio al gioco con i ragazzi che lo hanno amato da subito, specialmente da quando gli ha montato il calcetto arrivato come dono della ditta Rosa Sport di Arcisate e gli ha insegnato a giocare, a suon di “mannaggia”… L’ingegnere Giuseppe ha potuto così contare sul suo aiuto formando una coppia di lavoro instancabile e coinvolgente. Il loro arrivo è coinciso con l’arrivo del container con tutto il materiale utile per realizzare il progetto di dare acqua potabile a Ka-Philippe e così, Giuseppe, che lo aveva caricato di persona in Italia, ha potuto aiutare i responsabili locali a conoscere e ordinare il materiale. Le parti più delicate e tecniche sono state stipate in un deposito ricavato da una stanza della nuova casa in costruzione. Con l’ingegnere abbiamo potuto definire tutti i dettagli della realizzazione del progetto, dai vari bacini al percorso dei tubi, dalle stazioni di pompaggio e distribuzione alle postazioni per i pannelli fotovoltaici- I giorni sono stati intensissimi e sono volati come un niente. C’è stato anche il tempo per una visita all’isola della Tortuga dove si sta realizzando un colossale progetto per l’acqua potabile di cui Giuseppe è stato chiesto come consulente ed esperto. Ancora adesso, “Chal” ( Carlo creolo) e “Enjenyè” (ingegniere creolo), sono nominati dalla nostra gente con affetto e il desiderio di vederli ancora presto
Roberto, Silvia ed Ernesto
Se c’è un gruppo che ama superare ogni limite nel poter lavorare con i poveri e per i poveri è proprio il gruppo “Le Formiche” di Melzo. Un gruppo formidabile che prende gran parte della sua forza dal fatto di aver visitato di persona le situazioni che poi sono sostenute dai vari progetti. Così è avvenuto per l’Africa, per il Perù, la Bolivia e ora anche per Haiti. Alcuni giovani e adulti del gruppo scelgono periodicamente di lasciare l’Italia e recarsi per un tempo di un mese, due o anche 6 mesi o un anno intero nelle zone di missione sostenute dalla loro attività. Roberto Rognone, 33 anni, è un esperto di questi viaggi e soggiorni di solidarietà, chiede sempre di raccogliere tutte le sue ferie, anche arretrate, per vivere un mese o due in missione. Lisa Moi, quasi 19enne, finiti gli esami di maturità e prima di iniziare i corsi universitari, ha deciso di fare per la prima volta una esperienza così forte e avventurosa. Sono arrivati a fine settembre per restare con noi fino a fine novembre, ma poi si sono ammalati ed è stato meglio per loro rientrare con un volo anticipato a metà novembre. Lisa ha cominciato ad avere i sintomi di una forma di tifo, mentre una infezione intestinale ha colpito Roberto. La diagnosi ultima per Lisa, verificata dai medici italiani, è una forma di febbre malarica, la dengue, generata dalla puntura di zanzare infette. Mi è dispiaciuto moltissimo per loro che ormai provavano una grande gioia e pienezza di cuore nello stare tra la nostra gente haitiana e servirla secondo le proprie attitudini e capacità. Roberto ha cercato subito di darsi da fare, come suo costume, con i lavori pesanti, scavare fondamenta, preparare e trasportare il cemento… Ha così dato una bella mano nella costruzione del bacino di distribuzione dell’acqua potabile e nel fare i blocchi per le varie costruzioni. Lisa, aiutata da Roberto, si è dedicata all’animazione dei bimbi, ai laboratori, al doposcuola e all’insegnamento dell’italiano ad un gruppo di responsabili della comunità. A parte una certo impaccio iniziale, hanno poi saputo inserirsi nella vita di tutti, cercando anche di partecipare alla vita quotidiana della gente, dal fare il bucato, al fare da mangiare nel metodo haitiano, all’andare a prendere l’acqua con l’asinello… Ogni tardo pomeriggio il cortile si animava con la presenza di bimbi e ragazzi, ma anche in casa non ci davano tregua, una vera full immersion di umanità. Un giorno Lisa ha detto con tutta la sua bella spontaneità “sono proprio felice di essere qui” ed è stato per me un grandissimo dono. Purtroppo poi, dopo il primo mese, Lisa ha cominciato ad accusare fastidi nella digestione, a perdere appetito e ad avere la febbre… Sembrava una cosa che dovesse passare, ma invece persisteva e diventava più preoccupante. Anche Roberto ha preso la febbre e ha accusato problemi nella digestione, senso di vomito… Li abbiamo portati dal medico, giù in paese, a Jean Rabel che dopo averli visitati e fatto qualche esame (non così attendibile a quanto pare) ha diagnosticato che avevano preso una forma di Tifo. Da casa, appena saputa la notizia hanno chiesto di organizzare al più presto il loro rientro. Così è stato, ma prima grazie ai contatti con un medico italiano e la Fondazione Rava abbiamo potuto portarli all’ospedale della fondazione a Port au Prince per le cure necessarie a ristabilirli e metterli in grado di viaggiare in aereo. Il papà di Lisa, Massimiliano, ha fatto il viaggio dall’Italia per venire a prenderli a Port au Prince e accompagnarli fino a casa.
Con lo stesso volo di ritorno anticipato è salito anche il nostro grande amico di Desio, Ernesto Colombo che era venuto ad Haiti solo qualche giorno prima per stare con me fino a metà dicembre. Doveva essere in compagnia con il dottor Maurizio Ostaldo che però è rientrato subito il giorno dopo il suo arrivo anche lui per una precauzione medica riguardo un disturbo accusato durante il viaggio. Ernesto l’ho conosciuto nel mio primo incarico dopo l’ordinazione come prete dell’oratorio maschile BV Immacolata di Desio. Lui era tra i papà che avevano formato un gruppo di volontari per la manutenzione e i lavori in oratorio. Ha sempre dato molto per aiutare le missioni e ora, saputo del mio compito ad Haiti, ha scelto di dedicarsi anche al sostegno dei nostri progetti. Solo per qualche giorno quindi, ma ha volentieri partecipato alla vita di Ka-Philippe e ha almeno potuto intravedere il tipo di situazione in cui viviamo e rendersi conto delle varie necessità. Il suo primo scopo era di verificare lo stato dei lavori per l’acqua potabile, un progetto finanziato anche dagli amici di Desio. Ernesto è stato tante volte in Congo dove ha sostenuto per anni una missione dei Saveriani che hanno a Desio la loro casa provinciale. Vedendo la situazione del nostro nord ovest di Haiti ha detto che non ci sono paragoni, che a parte alcuni aspetti simili, la situazione haitiana è davvero più grave e che ammira ancora di più il mio coraggio di stare e operare qui. Sigh, anche Ernesto ha mostrato qualche sintomo di febbre, per di più, sin dall’inizio aveva accusato un fastidioso dolore al ginocchio che gli ha impedito di camminare come avrebbe voluto. Così abbiamo deciso era meglio per lui rientrare con lo stesso volo di Roberto e Lisa e non rischiare di dover fare un viaggio da solo e magari non in buone condizioni.
NATALE OLTRE I LIMITI
Ormai il Natale è vicino e nonostante questo, qui l’atmosfera natalizia non si sente per niente. Sfido voi a sentire l’aria natalizia con un sole a 34 gradi, nessun negozio addobbato (perché non ce ne sono), nessuna lucetta intermittente (chi ha la corrente elettrica?) e nessun via vai di affannose compere del regalo all’ultimo respiro (e chi ha i soldi?). Così mi devo sforzare non poco a ricreare nel mio animo un minimo di senso. In chiesa faremo un piccolo presepe davanti all’altare e metteremo delle stelle ritagliate da un cartoncino giallo fatte dai bambini e apprese ad un filo qua e là. Sarà ben partecipata la messa del 24 sera che sfocerà in una danza gioiosa e incontenibile come gli haitiani sanno fare, con cioccolata o te aromatico da distribuire a tutti insieme ad un buon pezzo di pane. Poi tutti a casa, ma niente albero, niente regali…
L’anno scorso, il pomeriggio di Natale, ho preso di istinto la nostra jeep e l’ho caricata di tutti i bambini che potevo e poi abbiamo percorso l’unica strada che collega la parrocchia ad altre nostre comunità e abbiamo cantato a squarciagola il motivo di Jingle Bells sostituendo le parole con il là-la-la-lallà… Mi ero davvero emozionato e con tutto quel coro di angioletti neri e sorridenti, stipati dentro e fuori e così avevo ritrovato il Natale di Gesù.
Mi sa che quest’anno il vero Natale è sempre là, oltre il limite, perché penso che la morte del senso genuino del Natale sia rinchiuderlo nella gabbia del consueto, del ripetitivo gesto di sempre. Non c’è qualcosa che ci stanca nel nostro Natale già programmato, consueto, scontato e limitato? Luci, lucette, regali, leccornie… non bastano vero?
Stiamo per celebrare Dio che ha superato ogni limite per venire a nascere in mezzo a noi, ha voluto mettere da parte la sua scontata onnipotenza (se Dio non è onnipotente, che Dio è?) per farsi piccolo e povero bisognoso di tutto, protetto solo dall’amore di Maria e Giuseppe e accolto dal buon cuore di quei poco raccomandabili pastori di cui si dice che fossero anche briganti alla macchia.
Auguri per un Natale oltre il limite, un Natale liberato e libero, da vivere in diretta e non per tradizione e consuetudine. Qui ad Haiti forse è possibile e forse più facile e in ogni caso lo vivremo anche per voi, ringraziando e benedicendo tutti coloro che ci donano speranza con il loro aiuto.
In lingua creola “akolad” vuol dire abbraccio. Il termine prende spunto dal verbo “kole” che vuol dire incollare, tenere insieme. Avevo chiesto che termine usare per dire l’abbraccio. Infatti volevo esprimere in lingua una bel passaggio di un commento di Ermes Ronchi sull’arcobaleno apparso dopo il diluvio universale. Diceva che l’arco colorato apparso in cielo era segno del nuovo patto di amore tra Dio e la nuova umanità superstite dopo il terribile disastro. Come un abbraccio tra cielo e terra, tra il Signore e questo nuovo inizio di vita sulla terra.
Dicevo alla gente che abbracciare una bella ragazza o un bel ragazzo, un amico o un’amica, la propria mamma o il proprio papà, un nipotina o una nipotino, il proprio figlio o la propria figlia, è facile ed è anche spontaneo. Ma abbracciare un estraneo, uno che non è dei nostri, addirittura un nemico, uno che ti ha fatto del male, uno che non merita il tuo affetto, non è possibile, sembra una cosa contro-natura, ci vuole un amore come quello di Gesù per noi testimoniato sulla Croce. E’ dalla croce che Gesù abbraccia tutti, è dalla croce che scaturisce la forza del perdono. Noi siamo in cammino dietro a Gesù, dietro a questa sua croce, per imparare ad amare, a perdonare, a riconciliare, a trasformare i nemici in fratelli e figli dello stesso Padre… Così a Pasqua, vediamo il Risorto che sembra andare a rintracciare tutti quelli che si erano persi e che avevano perso la speranza in lui, per riabbracciarli. Ho visto un crescere di partecipazione nelle varie celebrazioni della Settimana Santa e soprattutto ho visto i giovani diventare protagonisti del servizio e della animazione
IL PROGETTO DELLA CASA DI ACCOGLIENZA
Parto subito con il presentarvi il grande progetto in corso per la costruzione del Centro Parrocchiale o come amerei dire il centro di accoglienza con gli spazi utili per ospitare diverse persone e per accogliere gruppi e favorire le attività. In questa casa si troverà ufficio e l’abitazione del sacerdote, un grande cucina, una spaziosa sala da pranzo, due sale per incontri, quattro camere per gli ospiti, depositi, cisterne per l’acqua piovana, un garage utile per le manutenzioni dei mezzi (sempre messi alla prova dalle nostre terribili strade), diversi tratti di portici per collegare gli spazi e creare maggiore abitabilità e accoglienza. Quando ero arrivato a Ka-Philippe avevo trovato un grande rudere di ciò che era rimasto di una struttura adibita a scuola professionale per meccanici. Padre Ferdinando, morfortano, di origine tedesca, si era stabilito a Ka-Philippe, nel 1990 e grazie a cospicui fondi di cui disponeva ha realizzato molte opere, tra cui diverse chiese e scuole. L’ambasciata tedesca aveva sponsorizzato la costruzione della scuola per i meccanici e lui aveva aperto una casa di accoglienza per gli orfani.
Dopo il suo ritiro per motivi di età e di salute, il tutto è stato pressoché abbandonato per più di 15 anni andando in disuso e rovina. Il primo giorno che ero venuto per visitare il posto e per rendermi contro della situazione ho trovato alcuni membri del comitato responsabile che probabilmente per incoraggiarmi a dire di sì alla proposta del loro vescovo mi hanno mostrato un mucchietto di rocce ammassate in un angolo. Mi hanno detto che le avevano raccolte loro per la costruzione della casa parrocchiale. Adesso che ci penso, e sono solo a nemmeno la metà dei lavori, ci sono voluti già una decina di camion di quelle rocce per le fondazioni e per irrobustire ciò che dell’esistente era recuperabile. Devo dire che la loro collaborazione poi si è manifestata molto bene nel procurare l’acqua per fare il cemento, la legna per far da mangiare agli operai e l’acqua da bere. Gli stessi lavoratori hanno deciso di decurtarsi una parte della loro paga così sudata per contribuire ad acquistare qualche sacco di cemento. I ragazzi mi hanno chiesto di essere loro a procurare il gravye, cioè i sassi frantumati a mano utilissimi per le colate di cemento sulle fondazioni, i pilastri e il fondo dei pavimenti. E’ stato un modo per poter aiutare le loro famiglie con qualche soldino, ma anche per farli sentire protagonisti dell’opera in corso sentita come una grande dono per tutta la comunità. Ho potuto iniziare i lavori grazie ad un fondo iniziale di 10.000 euro racimolato con diverse offerte giunte dall’Italia. A questo ho potuto aggiungere un decisivo contributo procurato dal nostro ufficio missionario che ha coinvolto la Fondazione “Lambriana” di Peppino Vismara per farci arrivare ben 40.000 altri euro. Per arrivare al completamento dell’opera pensiamo siano necessari almeno altri 35.000/40.000 euro e stiamo aspettando qualche bella risposta. Vi lascio il link per vedere la presentazione di quanto realizzato finora con un bel contributo fotografico e un video….
La parrocchia di Opera, nell’agosto 2017, era venuta in visita da noi con il parroco don Olinto, anche lui con una forte esperienza come Fidei Donum in Zambia, mio compagno di ordinazione, e un gruppo di giovani e adulti molto sensibili per le situazioni di missione e di povertà. Nella giornata trascorsa insieme a Ka-Philippe ho avuto modo di presentare la situazione e i vari progetti in corso o in attesa di fondi per cominciare. Hanno scelto di aiutarmi per acquistare una moto e tutto l’occorrente per sostenere il servizio di visite a domicilio da parte della nostra infermiera, miss Shinadine, soprattutto per i malati più gravi, più anziani e lontani dai nostri dispensari. Ci voleva una moto speciale ed ecco che grazie ai soldi inviati da Opera e raccolti nelle iniziative natalizie, abbiamo acquistato la moto (1350 dollari tasse, targa e assicurazione comprese) e dotato Shinadine di tutto l’occorrente per svolgere il prezioso servizio (zaino, medicine, strumenti vari e un aiuto per il compenso mensile). Lei stessa ha imparato a condurre la moto, ma nei percorsi più difficili (che sono la maggior parte) si fa portare da un guidatore esperto. Qui potete ammirare il mezzo e vi assicuro è davvero ciò che ci voleva. Grazie a don Olinto, al gruppo che lo ha accompagnato e a tutti coloro che hanno contribuito.
PROGETTO SALUTE
Sempre per stare nel settore della sanità, come non citare, la presenza del nostro dottor Maurizio Ostaldo che è venuto a trovarci e a stare con noi per un mese, dall’8 dicembre 2017 al 6 gennaio 2018. Così abbiamo potuto anzitutto gustare la nostra amicizia e poi fare il punto della situazione medica per verificare le necessità più urgenti e come dare una mano a migliorare il servizio. Il dottor Maurizio è stato davvero instancabile e si è prodigato in tutto, oltre alle visite di pazienti, a far sperimentare alle nostre infermiere dei metodi più approfonditi ed efficaci di diagnosi delle malattie con l’utilizzo di nuovi strumenti portati dall’Italia (microscopio, test per la malaria, l’emoglobina, la sorprendente sonda portatile per l’analisi di organi e tessuti interni, …) ha trovato il tempo per riordinare gli ambienti medici, di costruire scaffalature da ottimo falegname fai da te e per non parlare della sua passone per le coltivazioni da giardino che lo ha visto tentare di piantare pomodori, zucche, meloni e quant’altro. Nonostante la bravura di Maurizio, di tutto ciò che è stato piantato stanno crescendo timidamente solo le zucche e l’aglio. Come già lui stesso ipotizzava non era il clima e la stagione adatta per gli altri prodotti… Ma tentare va sempre bene, mai perdersi d’animo. Il tempo è così volato via e adesso dall’Italia Maurizio sta vedendo come raccogliere qualche fondo per garantire una presenza settimanale di un dottore haitiano della zona. Questo medico, oltre al visitare i pazienti, potrà recensire i casi che meriterebbero una operazione chirurgica. Si ipotizza che in un prossimo futuro si possa coinvolgere qualche altro medico italiano a venire ad operare gratuitamente e ad utilizzare le due sale operatorie disponibili presso l’ospedale dei Camilliani a Port Prince. Il dottor Maurizio le ha ispezionate e trovate in ottime condizione e sufficientemente attrezzate. Così noi potremo sfruttare al meglio il poco tempo a disposizione dei medici che verranno, inviando in capitale i pazienti già monitorati e schedati secondo le patologie e il loro grado di urgenza. Molta gente soffre, e non trova soluzione al suo male, proprio perché non si può risolvere il problema alla sua radice con il necessario intervento chirurgico. Così, per motivi di povertà economica, si continua con il palliativo e spesso abusato uso dei medicinali, soprattutto degli antibiotici. Per non parlare di tanta gente, che ancora oggi, si rivolge agli stregoni, al mondo della magia, delle fatture e dei sortilegi tipici del voduismo. C’è da riconoscere che in mezzo a tutto questo c’è anche la presenza di una buona tradizione legata all’uso delle erbe naturali e ai rimedi tramandati da secoli che hanno comunque un loro valore, ma davvero insufficienti e illusori per molti casi gravi.
PROGETTO ACQUA POTABILE
Un altro grande progetto che ci sta impegnando è quello di far arrivare l’acqua potabile a Ka-Philippe. La sorgente più abbondante e utile al progetto è quella di Kabonet che si trova in basso ad un dislivello di 300 metri e una distanza da percorre di 3 km abbondanti. Ho riassunto il progetto nel pdf che potete consultare qui. Abbiamo un fondo che è un contributo mandato dalla sezione Alpini di Varese in collaborazione con il gruppo alpini di Arcisate. Purtroppo alcune emergenze causate dagli ultimi cicloni di settembre e dal periodo di forte maltempo di gennaio, hanno chiesto di attingere a questo fondo riducendo la quota a disposizione per costruire l’acquedotto. L’associazione Filomondo di Abbiate Guazzone con l’interessamento speciale e appassionato dell’ingegnere Giuseppe Bertani sta provvedendo all’acquisto del materiale e al suo invio con un container (un regalo da 30.000 euro). Lo stesso ing. Giuseppe aveva fatto il sopralluogo sul posto per verificare la fattibilità e per progettare il tutto. Verrà a trovarci ancora appena sarà risolto il problema dell’invio del materiale. Una cosa molto bella è l’aiuto che ci hanno offerto gli haitiani di Ka-Philippe che lavorano all’estero, soprattutto in Florida e in Canada. Stanno facendo una sensibilizzazione e una raccolta di fondi per lo scopo. A Desio, un gruppo di amici, con Ernesto, Mariuccia, Peppo, Carlo, il dott. Maurizio e altri che conoscerò meglio quando li incontrerò a maggio, si stanno muovendo per raccogliere i fondi che occorrerebbero per i lavori sul posto (costruzione bacini di raccolta, stazioni di pompaggio, stesura dei tubi, punti di distribuzione…). Trovate qui il loro volantino
Infine, tanto per stare solo sui progetti più grossi e importanti, stiamo progettando insieme alla nostra Caritas Ambrosiana, per diretto coinvolgimento del responsabile dell’America Latina e Centrale, Davide Boniardi, un intervento che favorisca lo sviluppo agricolo e in particolare valorizzi e iincoraggi la coltivazione della manioca che trova a Ka-Philippe e dintorni il suo habitat naturale. Questa coltivazione resiste meglio ai capricci del tempo e ai periodi di siccità e offre un prodotto dalle diverse potenzialità nutritive. Si prevede di costruire un centro per la raccolta e trasformazione della manioca in farina e con questa produrre la cassave, una specie di pane-focaccia molto apprezzato dalla popolazione. Occorre costruire un magazzino e acquistare i macchinari più adatti. Intanto la Caritas di Port de Paix ci sta seguendo negli incontri di formazione, grazie alla presenza delle nostre due operatrici Chiara e Francesca e un agronomo haitiano della stessa Caritas locale che conosce bene questo tipo di intervento avendolo realizzato in altre situazioni e zone di Haiti. Si sta sensibilizzando la partecipazione di tutti i coltivatori della zona perché riprendano fiducia nel coltivare il prodotto tipico della regione che rischiava di essere abbandonato proprio per la difficoltà della sua lavorazione e trasformazione. Si sta indagando presso i vari centri possibili, nelle varie località e città, per verificare lo spazio di vendita e la domanda di mercato che sembra comunque molto promettente. Con questo progetto, oltre a valorizzare la coltivazione più tipica della zona, daremo lavoro a molte persone e un vantaggio economico e sociale per molte famiglie. Era nato come un progetto per la sola località di Ka-Philippe, ma ora vede coinvolte anche le altre cappelle e le altre comunità più piccole che hanno risposto all’appello. Penso che questa attività con la manioca sarà anche un ottimo strumento pastorale per cementare l’unità tra tutti i miei fedeli così sparpagliati in tutte le direzioni. Ho la grazia di avere qui l’operatrice Caritas Francesca Brufani che da Mare Rouge viene regolarmente a Ka-Philippe, a volte per più giorni, per aiutarmi sui vari progetti Caritas in corso e per coordinare il tutto con la Caritas di Milano e quella diocesana dove opera Chiara Catenazzi, l’altra nostra operatrice che risiede a Port de Paix.
GRAZIE A TUTTI E A TUTTE VOI Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che nelle varie parrocchie e gruppi continuano a prendersi cura di questa nostra missione ad Haiti: Arcisate, Brenno Useria, Melzo, Desio e Zibido San Giacomo e le associazioni come Levhaiti di Arcisate, Mooving for Africa di Melzo e il “mio” adorato gruppo missionario “Le Formiche” di Melzo. Grazie alla mediazione di don Giuseppe Grassini abbiamo anche la possibilità appoggiarci alla associazione onlus “Sguardi” di Monza (www.sguardionlus.it) per chi volesse fare una offerta detraibile dalle tasse (vedere sezione come aiutare).
DON ANTONIO E MONS. MARIO….
Ho un grazie e un augurio speciale da fare a don Antonio Novazzi, responsabile dell’ufficio missionario diocesano, che il Giovedì Santo ha ricevuto la nomina come Vicario Episcopale per la Zona VII di Sesto S.Giovanni. Ci unisce una grande e sincera amicizia e credo proprio che saprà servire con amore e competenza una zona così complessa e vivace e che don Antonio conosce bene, come conosce bene tutti i nostri sacerdoti che operano nell’hinterland di Milano. Nei giorni scorsi era in viaggio per Cuba dove da non molto tempo è iniziata una nostra nuova presenza di Fidei Donum. Il nostro nuovo Arcivescovo, Mons. Mario Deplini, ha voluto fare questo viaggio con lui mostrando il suo profondo e attento spirito missionario. Ci sarà poi da trovare un degno successore di don Antonio e preghiamo lo Spirito Santo per chi sceglierà per noi.
STORIE
JOHN LOVE, CHIERICHETTO E POI….
Ho tante storie da raccontare e tutte prese dalla vita quotidiana della gente di qui. Tante volte mi dico “adesso la scrivo per non dimenticarla” e poi il tempo passa… Tra le tante ecco quella di Johnlove, un chierichetto del folto gruppo che rende servizio in parrocchia. Lui però è davvero speciale.
Johnlove è un chierichetto di 12 anni che ama il suo servizio e non manca mai di essere presente ogni mattino alla messa delle ore 6.00, sia se tocca a lui servire come turno, sia come semplice fedele. E’ un ragazzino molto educato e rispettoso, non ha mai chiesto nulla come fanno spesso gli altri, né caramelle, né regali, né materiale per la scuola, soldi per le scarpe o altro. E’ un ragazzino che tutti stimano e più di qualcuno dice che potrebbe avere la vocazione a diventare sacerdote. A casa è sempre disponibile ad aiutare, ad andare a prendere l’acqua con l’asinello giù in basso alla vallata dove c’è la sorgente o andare ad accudire gli animali al pascolo. A scuola è sempre attento e non trascura lo studio e di fare i compiti a casa. In parrocchia viene spesso, quando è libero, per giocare a calcio o stare con gli altri ragazzi
Abbiamo aiutato la famiglia nel realizzare il progetto della propria casa da costruire nuova dopo il disastro dell’uragano Matthew, così come abbiamo aiutato tante altre. Il papà è spesso in capitale per il lavoro, la mamma si dà fare con un piccolo commercio e nel lavoro dei campi.
Un giorno John è caduto dall’asinello a causa di uno slittamento sul sentiero che percorreva per portare l’acqua a casa. Cadendo ha battuto la testa perdendo momentaneamente i sensi. Per fortuna c’è chi lo ha visto cadere e da dato l’allarme. A casa si è ripreso un pochino, ma sembrava avere la vista annebbiata e provava un forte dolore alla testa. Lo abbiamo portato subito all’ospedale di Jean Rabel con la nostra jeep. Il dottore che lo ha visitato non ha riscontrato problemi particolari. Per alcuni giorni ci ha tenuto in apprensione perché non riusciva a mangiare, aveva una forte emicrania, mancava di equilibrio… Siamo stati a trovarlo di frequente, pregando per lui. Poi, giorno dopo giorno, si è ripreso e ora lo vedo fedele come sempre venire a Messa ogni mattino. Ho però notato che stranamente non faceva più la comunione e allora gli ho chiesto come mai e se avesse bisogno di una confessione. Si è presentato un pomeriggio per chiedere di essere confessato e assolto. Il problema che secondo lui gli impediva di fare la comunione era il fatto di essere stato da un boko, uno “stregone” voodoo per cercare dei rimedi nel periodo che stava male. In effetti questo non è buono per chi è credente e cattolico e inoltre si tratta spesso di personaggi che sanno approfittarsi della buona fede della gente e chiedono molti soldi per i loro riti e le loro pozioni guaritrici. Se John ci è andato non è perché lo ha voluto lui, ma è perché la sua famiglia lo ha deciso e non si è fidata del valore dei farmaci dispensati dal dottore e dalla nostra infermiera. Qui da noi c’è ancora un forte legame con l’antica religione voudou e i boko sono ancora rispettati e ricercati. Molti cattolici, non lo mostrano apertamente, ma non hanno mai lasciato del tutto certe tradizioni ufficialmente proibite. L’ho tranquillizzato, assolto e il sorriso è tornato a fiorire sulle sue labbra.
L’altra mattina, la pioggia cadeva abbondante e io ho tentato di avvisare la gente per la Messa suonando come sempre la campana alle 5.30. Sapevo che probabilmente non avrei avuto fedeli, viste le condizioni del tempo e dei sentieri pieni di fango. Si è però presentato John, tutto inzuppato, il solo che è venuto. Abbiamo aspettato un quarto d’ora e poi ho deciso di lasciare perdere e di rimandare a casa John prima che si ammalasse di nuovo bagnato com’era. La sua casa dista a circa mezz’ora di cammino dalla chiesa. Abbiamo però scambiato due parole e gli ho detto se per caso sentiva nel suo cuore il richiamo a diventare un sacerdote. Ha sorriso, ha annuito con la testa. Gli ho detto che per ora c’è tempo per pensarci e pregarci su. Gli ho detto di continuare a voler bene a Gesù, al suo servizio come chierichetto e di voler bene ai suoi famigliari e a tutti. Poi gli ho dato un lecca lecca e gli ho regalato un Ke-Way che avevo portato dall’Italia. Te lo meriti, gli ho detto, perché tu vieni ogni giorno e non ti ferma nemmeno la pioggia. Adesso con questo chi ti ferma più?