HAITI IN-CORON-ATA

Hotel Holoffson

Un tempo Haiti era stata incoronata la Perla dei Caraibi per la sua bellezza e per il suo livello di accoglienza turistica, meta di famosi artisti, letterati e poeti di fama mondiale. Era il periodo del dominio francese, una ricchezza pagata dalla schiavitù degli haitiani. Poi, dopo aver ottenuto l’indipendenza, ci sono stati altri brevi momenti felici, tra gli alti e bassi provocati dai continui colpi di stato e l’avvicendamento di dittatori e le violenze annesse. Ho avuto occasione di vedere il famoso albergo  Hotel Oloffson in stile coloniale che ha sempre dato alloggio personaggi famosi, ed è ancora in piedi a Port au Prince, resistito anche al grande terremoto e conservato in parte come un museo a ricordo di quei rari tempi tempo in cui tutto ad Haiti sembrava risplendere e attrarre. Ora Haiti ha ben altra corona, quella di uno dei paesi più poveri al mondo. Adesso è arrivato anche il Corona-virus tanto per non farci mancare nulla. Come stiamo vivendo questa drammatica situazione ad Haiti e in particolare nella zona della nostra Missione Fidei Donum ad Haiti?

Possiamo riassumere la situazione dicendo che in questo periodo si stanno sommando tre grossi problemi che insieme mettono ancor più a dura prova la normale lotta per la sopravvivenza quotidiana.

Controlli severi, soprattutto contro e
a danno degli haitiani

Il primo problema è l’epidemia che ha raggiunto anche noi e comunque bloccato il paese e con il fermo di molte attività come nella maggior parte del mondo. Pur avendo per ora registrati solo 180 casi di persone prese dal virus e 15 decessi, non sappiamo se la realtà haitiana, così incontrollabile, nasconda ben altri numeri su una popolazione di almeno 9.000.000 di abitanti. Temiamo proprio di si. Pesa molto il blocco dei traffici commerciali specialmente con la adiacente Repubblica Domenicana che ha chiuso da due mesi le sue frontiere e gli Stati Uniti di cui tutti conosciamo il dramma attuale. Così ogni genere di prima necessità diventa sempre più introvabile e in balia del mercato nero e della speculazione.

Un secondo problema sempre legato all’economia è l’aumento del valore del dollaro sulla moneta haitiana, ormai siamo al cambio di 105 gourde per un solo dollaro americano così tutto costa di più perché tutto dipende dalla moneta statunitense.

Il terzo problema che affligge soprattutto il mondo agricolo dove la maggior parte delle famiglie trova normalmente, almeno in certe stagioni dell’anno un minimo di sostentamento, è la siccità che a varie ondate non ha permesso di trovare raccolto ormai da Novembre, anche dopo ripetuti tentativi di seminare, quando sembrava che un po’ di pioggia potesse dare speranza. Quindi niente raccolti, niente di niente da mangiare, se non acquistando a caro prezzo un po’ di riso.

Ennesima semina, ennesima siccità, ennesima sconfitta per il raccolto…. ma si continua, la pioggia arriverà….
Resta sempre meno per tutti
La buona manutenzione in attesa di rifare il tetto
Futuro centro parrocchiale e missionario a Ka-Philippe
Indimenticato don Hervè Simeoni
Gruppo Formiche al Campo dei Sogni

La situazione in missione. Io stesso come missionario dipendo, in quasi tutto ciò ho per vivere e per aiutare a vivere chi mi è affidato, dagli aiuti di amici e comunità dell’Italia. Il mio mensile è già interamente utilizzato per i bisogni della missione, ma copre una minima parte dei bisogni che ho trovato e trovo ogni giorno. I progetti programmati e già avviati, sono del tutto bloccati per mancanza dei fondi promessi vista la paralisi conseguenza del lock-down. Ho sempre gli amici della Associazione Levhaiti di Arcisate, gli amici di Desio con il Moving for Haiti, ho gli amici di Melzo, in particolare il gruppo missionario “Le formiche”. Poi altri amici che sono stati anche a farmi visita o che hanno condiviso con me la missione. Penso anzitutto a sacerdoti in primo luogo come il nostro don Hervè Simeoni e poi a don Marco Tagliabue, don Giampietro Corbetta. Ho sentito da poco anche l’ingegnere Bertani che avrebbe voluto venire ad Haiti per continuare i progetti legati all’acqua potabile sponsorizzati da Filomondo e che per ora deve aspettare il momento buono per farlo. Così anche la Rotary Club della Valceresio, gli alpini di Arcisate e Varese. Tutti costoro sono giustamente alle prese con la crisi italiana e non mancano di sostenermi come possono, ma per ora è molto difficile reperire fondi da inviarmi visto il blocco di ogni attività o animazione di solidarietà. Certamente non sono solo, nel senso che ho alle spalle la diocesi di Milano che mi ha inviato e sono sempre in contatto con don Maurizio e l’Ufficio missionario per vedere il da farsi. Possiamo immaginare che anche una diocesi grande e illustre come quella ambrosiana sia caduta in grossi problemi anche economici vista l’assenza di servizi, di possibilità per mettere in atto raccolte di solidarietà e campagne di sensibilizzazione. Ho visto l’appello di più parroci italiani a chiedere solidarietà ai fedeli per sostenere la vita della parrocchia in mancanza delle offerte che arrivavano dalle celebrazioni e dai vari servizi resi. A livello specificatamente missionario poi, se non sbaglio, sono aperte nel mondo una quarantina di missioni Fidei Donum ambrosiane come la mia e tutte con gli stessi problemi

Fino al prossimo mese ho ancora qualcosa da gestire, poi raccoglierò le briciole e poi non so. Sono preoccupato, ma anche fiducioso. Vivere in missione aiuta molto ad abituarsi a stare in bilico sul limite più estremo senza perdersi nelle vertigini dello scoraggiamento e dello sconforto. Ho imparato a vivere affidandomi, senza che questo non tolga nulla all’impegno e all’intraprendenza evangelica.

Prime prove di distanza “liturgica”….

Per il resto io sto bene, sia fisicamente che spiritualmente. Soffro anch’io per il fatto di non poter celebrare con il popolo, se non alla domenica con un piccolo gruppo sparpagliato tra le panche. Per il resto celebro da solo. Non posso girare tra le comunità, sia per le celebrazioni che per i vari servizi e resto “a casa” come indicato dai nostri vescovi e dal governo. Giovedì avremo una riunione con i vari responsabili delle comunità per vedere di mettere in piedi, anche per noi, una fase 2. Se mi ammalassi non troverei le cure adatte visto la mancanza di ospedali attrezzati. Inoltre anche i voli per l’estero e dall’estero sono ormai praticamente impossibili. Ho scelto di non partire quando due mesi fa era ancora possibile, quando i casi accertati erano meno di una decina, preferendo restare a condividere con il popolo haitiano questo momento difficilissimo. Pensavo che da qui sarei stato più utile e che bastasse, come finora è bastato, prendere le dovute precauzioni e stare prudenti.

Ho senz’altro più tempo per la preghiera e la riflessione il che non guasta proprio. Mi faceva riflettere una recente omelia di Papa Francesco sull’importanza di dare primato alla preghiera proprio perché sia Dio ad agire in ciò che facciamo e che facciamo in suo nome. Se c’è un spirito di Fede alimentato dalla preghiera e dall’ascolto della parola si può avere il dono della consolazione dello Spirito come direbbe l’amato Card. Martini, avere cioè la gioia di cogliere la presenza del Regno di Dio proprio nelle situazioni più umili e magari tribolate. Ed ecco un’altra Haiti “incoronata” perchè segno del Regno.

A questo proposito riflettevo sul fatto che proprio in questo momento più difficile e diremmo inadeguato, è finalmente fiorita ad esempio una azione verso i bambini portatori di handicap, che sono i più poveri tra i poveri da tutti i punti di vista. Ispirati e sostenuti dall’attività di Maddalena Boschetti denominata Aksyon Gasmi che opera in diocesi a partire dal centro di Mare Rouge, ho trovato una giovane infermiera, Navelie, disponibilissima a tuffarsi con amore e professionalità in questa avventura e l’epidemia non ha bloccato la sua iniziativa nel visitare le famiglie con i casi di bambini in difficoltà. Ne stiamo prendendo a carico diversi, giorno dopo giorno con il bel sostegno dell’associazione di Maddalena. Sono molto contento di questo perché è un fiore sbocciato alla faccia di tutte le difficoltà del momento. Da tempo Maddalena ci ha insegnato a chiamare questi bambini Sous Renmen, sorgenti d’amore ed è così. Questi bambini nascosti per vergogna e ignoranza cominciano ad avere un volto e un nome e soprattutto un aiuto.

Sempre nel campo sanitario bisogna fare i complimenti a Chiara Catenazzi, operatrice della nostra Caritas ambrosiana, anche lei rimasta coraggiosamente ad Haiti a prestare servizio come coordinatrice della Caritas diocesana di Port de Paix. Grazie al suo lavoro tenace, alla sua esperienza con i non facili collaboratori haitiani, sono continuate sul territorio le azioni per combattere contro la malnutrizione dei bambini più piccoli e per sostenere l’opera dei dispensari locali. Grazie a loro, un’altra organizzazione che voleva dare una mano offrendo sementi per la semina, si è appoggiata all’organizzazione del nostro dispensario per recuperare una lista di beneficiari scelti tra i più poveri e i più malnutriti. Si può dire che sia l’unico segno di attenzione rimasto per la popolazione da parte di enti o associazioni. Altre onlus e organizzazioni si sono ritirate da primi di febbraio e hanno sospeso ogni servizio, come anche il governo che per ora non ha dato nessun vero segno di risposta ai problemi della popolazione.

La piccolissima Naomi

La piccola Naomi, ecco un altro segno del Regno. Alcuni giorni fa, la mamma di due chierichetti della parrocchia, si è presentata al mio studio portando in braccio un fagottino. Si trattava di una neonata abbandonata ad un incrocio tra la grande strada e un sentiero, vicino alla parrocchia. La bimba è stata partorita da una giovane donna demente, incapace di intendere e volere, che ha deciso di metterla in un sacco e abbandonarla al suo destino. Sarebbe morta se i suoi vagiti non avessero attirato l’attenzione di un passante. Adesso è stata accolta da questa nostra bella famiglia che abita vicino alla chiesa. L’hanno chiamata Naomi, bellissima come la famosa modella. La comunità ha deciso di dare una mano assicurando il costoso latte speciale in polvere per il suo nutrimento. Fra l’altro, la famiglia che l’ha accolta era appena uscita dalla tristezza del lutto per la morte del papà della mamma adottiva. Ora la vita e l’amore del Risorto è tornata a splendere nella loro casa con la gioia di tutti.

Qui da noi mancano le mascherine, anche se il governo le ha promesse, ma chissà quando le potremo avere noi del lontano e spesso dimenticato nord ovest. Un gruppo di giovani ragazze guidate da una sarta esperta, hanno deciso di organizzarsi per produrre mascherine fatte a mano, così nello stesso tempo si esercitano per apprendere l’arte della sartoria. Ne stanno realizzando un primo stock di 200 con il materiale procurato dalla parrocchia grazie ad un contributo inviato da don Hervè e utilizzando il locale della comunità e le tre macchine rimesse in sesto per l’occasione. Stanno lavorando alacremente e penso che diventeranno formidabili nel farne ancora tante altre e bene.

Un regalo faraonico. Una bella sorpresa, soprattutto inattesa in questo periodo dove in tanti vengono a trovarmi per chiedere un aiuto, anche solo un po di cibo perché non mangiano da un giorno o più. Il giovanissimo Olby, piccolo sacrista della parrocchia, si è presentato a metà mattina di ritorno dal solito giro mattutino per il controllo degli animali al pascolo . Teneva in braccio ciò che loro chiamano Pentad mawon, cioè una faraona selvatica difficile da prendere se non con trappole ben studiate. L’ha trovata impigliata in una delle sue e ha pensato di farmene dono. La mia cuoca ha fatto il resto e devo dire che era davvero squisita per il pezzettino che sono riuscito a mangiare perché inspiegabilmente il resto del povero animale se l’è pappato qualcun altro, ben gli faccia, vista la fame che affligge un pò tutti. Comunque ho apprezzato la gratuità di questo gesto più del buon boccone arrivato sul piatto. Bravo Olby!

Ora una storia triste che mi ha fatto soffrire non poco, una bella sfida per mostrare come l’amore di Gesù ci deve animare e ispirare. Un giovane della parrocchia, entrato in un giro di debiti o di cattivi affari, è stato scoperto da alcuni giovani collaboratori uscire dalla mia stanza con fare furtivo. Aveva trovato la mia chiave nascosta (non così bene evidentemente) che ne apriva il lucchetto. Sapeva che io ero impegnato al piano terra, nel mio ufficio a ricevere le varie persone. Il rumore della porta ha attirato i giovani che stavano risolvendo un problema informatico nella stanzetta accanto e che mi aspettavano per chiedermi dei consigli e pensavano che fossi stato io ad uscire dalla stanza. Lui, colto di sorpresa, se n’è andato di fretta ed è sparito dalla circolazione. Appena saputo, ho poi controllato e mancavano 8.000 gourde da una busta con 50.000 gourde che avevo nascosto nella cerniera di una valigia che ho trovato aperta e con i soldi in disordine. Non avrei voluto, ma la notizia si è propagata in un attimo fino a raggiungere gli haitiani della comunità residenti all’estero. Da qui la reazione del comitato che ha deciso di intervenire con forza e affidarlo al giudizio di un bravo giudice della zona, che prima di iniziare le indagini e il processo è venuto a trovarmi assicurandomi che avrebbe cercato di ottenere verità e giustizia, ma che tutto serviva perché il giovane prendesse coscienza del male fatto. Così lo hanno portato nella prigione del nostro comune a Jean Rabel per interrogarlo con calma e verificare altri fatti sospetti, visto che c’erano stati altri tre furti giù nel nostro ufficio parrocchiale di cui diventava ora il primo sospettato e visto che da tempo gestiva una quantità di denaro la cui fonte era inspiegabile. Lo scandalo però era più grave perché si trattava di un giovane inserito nella pastorale giovanile e nel gruppo liturgico, orfano di entrambi i genitori, accolto da varie famiglie e che anch’io avevo sostenuto per la scuola e altre necessità. La gente poteva dire ecco, sono tutti ladri quelli che bazzicano la parrocchia e se ne approfittano dell’ingenuo e buon padre Levi. C’è chi ha detto che rubare ad un bianco non è poi un crimine, anzi una sorta di giustizia per quello che i bianchi hanno fatto ai neri. Mentre era chiaro che il furto fatto a me, era fatto a tutte le nostre comunità, perché quei soldi servivano al bene di tutti.

Prigione haitiana, venditore di sigarette ai detenuti
Condizioni inumane delle prigioni haitiane

Per dirla in breve, visto che il giovane non mostrava una vera disponibilità a confessare anche perchè incapace di difendersi e argomentare, il giudice avrebbe deciso, secondo la legge haitiana, di mandarlo nella vera prigione di Port de Paix, almeno per un mese, se non per sei. Si sarebbe trattato di un vero inferno umano dove avrebbe certamente subito umiliazioni e violenze di ogni genere. Ho scritto una lettera al giudice, perché tutti mi sconsigliavano di presenziare di persona al processo, dove ho chiesto clemenza e ho chiesto di rimandarlo a casa dove la comunità si sarebbe fatto carico di vegliare su di lui e aiutarlo ad uscire da questo male. Gli avremmo chiesto dei servizi di utilità sociale per ricambiare il male fatto con il bene e per far risplendere la luce misericordiosa del Vangelo. Il bravo giudice ha acconsentito e il giovane ha restituito almeno gli ottomila gourde sottratti dalla mia stanza, ed è ritornato a casa dopo i cinque giorni di reclusione prevista nel carcere comunale.

Animazione dei giovani in parrocchia prima del lockdown

Due giorni dopo è venuto in parrocchia e mi ha abbracciato chiedendomi scusa e ringraziandomi commosso. Adesso si è deciso che stia discretamente a casa della famiglia di alcuni parenti e poi, ad acque calme, vedere come iniziare un cammino di recupero alla vita.

Partenza per il ritiro dei giovani in preparazione alla Quaresima, febbraio 2020

Ecco qui, secondo me, il Regno di Dio manifestarsi luminosamente proprio là dove tutto sembra perso e ottenebrato dal male, ecco le consolazioni dello Spirito là dove il Vangelo trova reale corrispondenza nella nostra vita quotidiana. Così trovo Haiti veramente incoronata perché segno e partecipazione del Regno di Dio.

Per concludere un video di repertorio dell’estate scorsa come augurio di poter rivivere al più presto la gioia di stare insieme e vivere tante belle esperienze anche con gli amici italiani…

Riandrà tutto bene

Pè Levi Spadotto

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